Li anni 80. Li anni dei miti e dei ricordi. Li anni di ET, del Game Boy, delle avventure di Indiana Jones e dei film come Cannibal Holocaust che hanno fatto innamorare generazioni intiere.
Erano le primavere in cui la carriera professionale di David Micheal Hasselhoff procedeva a gonfie vene, tra un salvataggio nelle roventi e capezzolute spiagge di Baywatch e le argute peripezie automobilistiche di Supercar. Ruoli assai impregnativi che fecero emergere alle masse le sue inesauribili sfaccettature e che lo consacrarono tra i sex-symbol dal grande fagotto più amati del piccolo schermo.
Ma ancora troppo pochi sono a conoscenza del suo universo parallelo, della sua straordinaria carriera musicale. Una passione ed una supremazia che sbocciò tra i banchi dell'Accademia delle Arti Drammatiche, quando, immerso in tormentati monologhi sheakspeariani, già lasciava intravedere sconfinate potenzialità canore nelle osterie di Beverly Hills con le band locali. Di lì al magnifico capitolo discografico che risponde al nome di ''Night Rocker'' il passo fu breve: un tripudio, un'autentica apoteosi rock dinanzi alla quale anche i Van Halen, in quei mesi, furono costretti ad inchinarsi.
Di pelle vestito, con in braccio una chitarra amabilmente strimpellata sopra il cofano della sua sportiva prediletta. Questa era la copertina e non lasciava adito a dubbi: sotto la coltre villosa da guardaspiagge batteva un cuore metallico.
Un folle lanciato a velocità tunnel nel vagone della vita: il cuore. ''Our first night together'', ''All the rights move'', la torrenziale ''Do you love me''. Hasselhoff punge, graffia, lacera i nostri cuori, senza dimenticarsi il lato più angelico e galante che da sempre lo contraddistingue. Ecco quindi il lentone di rito, ''No words for love'', un intenso brano pianistico degno dei migliori Regurgitate, che non può non strappare brividi e lagrime a chi ha un cuore.
Produzione tipicamente ottanttienne, tastiere in primo piano-interno 3-scala C, guitar work perennemente a cavallo fra il rock: fu così che esplose il perfetto connubio tra durezza e dolcezza, proprio come il nostro amato, così rude fuori ma così dolce dentro. Splendida la conclusiva ''Let it be me'', in cui David duetta con una voce femminile, proponendo un dialogo struggente tra un uomo e una donna in cui si rivendica il diritto ad essere se stessi e a non cambiare mai per compiacere il proprio partner. Temi difficili. Temi scottanti e non certo inflazionati quelli trattati dal nostro romanticone, che confermarono (come se ce ne fosse stato bisogno) il suo spessore culturale e la sua ammirevole sensibilità. In due parole: il suo cuore.
<> tuonerà in futuro Hasselhoff. Parole sante, necessarie. Tristezza a palate
Di qui in poi la carriera di David fu un continuo crescendo, sia in termini qualitativi che di pubblico e gli permise di avere un seguito di fan fedeli in ogniddove, specie in paesi come il Belize, il Kiribati, la Guinea Equatoriale portandolo, all'apice della sua fama, a coronare il sogno di una vita: recitare al fianco di una delle icone artistico-letterarie più influenti ed apprezzate dell'età moderna: Spongebob.
Album da ricoprire obbligatoriamente.
...e comunque dentro KITT c'era un nano che guidava.
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