Ve lo ricordate Be Cool? E’ il sequel di Get Shorty, quel film del 1995 dove John Travolta, uno strozzino di Miami, va ad Hollywood per recuperare un credito e finisce per diventare produttore cinematografico. Nel seguito cerca invece di inserirsi nel mondo musicale, ostacolato però da un altro produttore e dalla sua guardia del corpo: un Dwayne Johnson più snello e meno anabolizzato. Particolarità del personaggio di The Rock è quella di ritenere di avere un grande futuro come attore perché in grado di alzare un solo sopracciglio alla volta, pensando di sprigionare così carisma e classe, seminando invece molto imbarazzo.

In questo Hobbs & Shaw c’è una scena in cui Hobbs sfodera lo stesso sopracciglio davanti alla figlioletta, un Dwayne Johnson che si prende in giro da solo. Per il resto sembra di assistere all’inizio di Commando, dove Schwarznegger insegna alla figlia i trucchi da Giovani Marmotte prima di sterminare le truppe d’assalto nemiche. Sembra proprio che Johnson ci tenga a voler diventare lo Schwarznegger del nuovo millennio, tra battute su Terminator e descrizioni di chi ucciderà per primo appena liberatosi dalle catene che lo imprigionano, come in True Lies.

Però questo film non è un lungo assolo fracassone del nostro wrestler, almeno nelle intenzioni, infatti c’è pure Jason Statham che fa il Jason Statham: salta, picchia, spara e guida solo Mclaren, ribadendo, in maniera diretta o indiretta, di essere inglese in continuazione. Ogni volta che appare The Rock invece, un’enorme bandiera americana trova il suo posto nell’inquadratura, viene inoltre ribadito sempre il concetto che essere un grosso culturista è bellissimo e che bisogna guidare solamente mezzi pachidermici.

A fare da spalla ai due concentrati ambulanti di testosterone c’è la sexy Vanessa Kirby, già vista in un vagamente interessante remake di Predator, a base di droni, chiamato Kill Command, dove l’attrice era una donna cyborg in grado di analizzare i parametri vitali delle persone nelle vicinanze, caratteristica qui invece attribuita al nemico di turno, un Idris Elba sotto tono, che parla troppo per essere un androide spietato e che d’altro canto ha pochissimo carisma per essere un antagonista memorabile, il classico vero figlio di buona donna.

Per il resto abbiamo il solito polpettone di inseguimenti improbabili con macchine che saltano come grilli qua e là, moto che viaggiano da sole, si arrampicano come ragni sui muri e brutti effetti speciali in generale. Le battutine ad effetto sono sempre presenti, ma assistiamo ad intere scene dove l’atmosfera diviene quella di una commedia d’azione, come la già citata Get Shorty o la storica Beverly Hills Cop, però in questo caso non si tratta di arrestare uno spacciatore losangelino, qui bisogna ovviamente sempre salvare il mondo. La banalizzazione del cinema alla 007 continua anche quando si scopre che uno dei contatti speciali dei protagonisti per il rifornimento di armi risulta essere una super gnocca in bikini, come quelle che facevano le pubblicità degli AK-47 in Jackie Brown di Tarantino, con Samuel L. Jackson che alzava il volume dal telecomando per sentire meglio il sound mentre quelle tettone sparavano proiettili a volontà. A me sinceramente sembra che il cinema d’azione mainstream abbia proprio sbroccato, non c'è più la minima coerenza nella caratterizzazione degli eventi e dei personaggi. Tant’è che per il finale è stata preparata la super riunione samoana di famiglia, nella quale, grazie alla forza della natura dell’isola natale, le malvagie forze cibernetiche vengono sconfitte.

D’altronde però l’andazzo di questo film era prevedibile, perché dunque scriverne una recensione?
Per il fatto che i malvagi di turno vogliono sterminare l’umanità con un virus, ma guarda un po’, anche se in effetti non è una novità assoluta, però qui c’è anche parecchio transumanesimo e si insiste molto sul concetto di migliorare l’essere umano mediante implementazioni tecnologiche. Il deep-state è rappresentato da una delle solite associazioni segrete paramilitari con base sovietica e il capo assoluto è una misteriosa voce contraffatta. Deludente infatti per me è stato il finale: vista la piega mi sarei aspettato un cameo di Bill Gates che, nel momento della sconfitta, dicesse quanto sia importante inserire chip sottopelle a tutta la popolazione mondiale per il progresso dell’uomo e che, pur di realizzare questo nobile scopo, rilasciare un virus da un laboratorio cinese è un piccolo prezzo da pagare.
Chissà, magari quando The Rock sarà governatore della California ne sapremo di più su qual è il messaggio nascosto di questo film. E magari, dopo altri quattro anni di Trump, vedremo nuovamente piloti di caccia americani fare gestacci rivolgendosi ai mig. Tutto questo politicamente corretto inizia a stomacare a dirla tutta, vedere il remake di Alba Rossa con i nordcoreani al posto dei russi e dei cubani, solamente perché Kim Jong-un è l’unico con cui ce la si può prendere, è alquanto ridicolo.

P.S. Nell’ormai solita scena dopo i titoli di coda, immancabile ahimè, c’è Ryan Reynolds che si lamenta del fatto che non è giusto che Jon Snow si scopi sua zia e poi l’ammazzi così come nulla fosse.

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