Questo è un film senza mezze misure, o lo si ama o lo si odia. Come tutto il cinema di David Lynch, che i critici quando sono in buona definiscono "onirico". Io propendo per il primo, e mi porto a casa volentieri tutta l'opera del regista del Montana. Non è un film per palati fini, non appaga lo spettatore ma gli arriva dritto nello stomaco, facendo leva sui suoi impulsi primitivi. E' "Cuore selvaggio" (Wild At Heart), vincitore nel 1990 della Palma d'oro a Cannes. Strameritata.
Qui si assiste davvero ai prodigi di una mente geniale in azione. La storia apparentemente è semplice. Un giovane pregiudicato, Sailor, interpretato da Nicolas Cage, in libertà vigilata, e la sua ragazza Lula (splendida Laura Dern, musa del regista) cercano di fuggire in Texas per iniziare una nuova vita, tutta sesso droga e rock'n'roll e magari figliare pure. La coppia giovane e ribelle è in fuga dalla terribile madre di lei (nella vita e nella fiction, visto che Diane Ladd è davvero mamma della Dern), una vera persecuzione, un segugio da combattimento, che riversa tutto il suo rancore su Sailor. Durante lo spericolato tentativo di fuga, i due si imbattono in personaggi da caricatura: la prostituta messicana interpretata da Isabella Rossellini - con labbroni rosso vermiglio e abbigliamento adatto ad esaltare le doti fisiche del personaggio - la studentessa girovaga Sheryl Lee, al centro dell'episodio forse più impressionante, vittima di un incidente stradale con ancora i resti del cervello tra le mani, una vera morta che cammina, e soprattutto Willem Dafoe nei panni di un delinquente dal viso deturpato.Una vera creatura da incubo, la sua, un serpente dai denti marci, un Lucifero che tenta di sedurre Lula per poi ritirarsi dal gioco umiliandola. Da non perdere lo scambio tra i due, con quell'insistente "Scopami" sussurato da Bobby Pelù all'atterrita ragazza.
Così come sono da mettere in rewind un sacco di scene. La prima, fuori dal penitenziario, sulle scale, con Sailor che si muove tra pistole, sangue, facce da carnevale, urla e lacrime, i visi in primissimo piano, bocche spalancate e le fauci della Ladd a sputare odio. Il sesso tra i protagonisti, violento e rapace (altro che "famolo strano"), dove Lula indossa sempre completini fucsia e di lattice nero, da vera bomba sexy. E tutti gli incontri sul loro cammino, carichi di tensione.
Fa ridere, mette i brividi, è schoccante, è Lynch al cubo.
All'inizio, chi altri metterebbe "All'alba" di Richard Strauss per la sequenza della sparatoria? Eppure ci sta a pennello. La bellezza e il grottesco viaggiano insieme. Subito dopo, un brano heavy metal che più heavy non si può, dei Powermat: "Mattatoio". Una colonna sonora schizofrenica, ricca di cambi repentini, come il film.
Potrebbe essere un noir, ma non ha toni così cupi o atmosfere plumbee e nemmeno è pervaso da troppo cinismo. E' l'America selvaggia dentro, paradigma di un mondo cattivo.
Potrebbe essere uno splatter movie, ma si ferma prima. E' Jackson Pollock con dei tocchi di Basquiat.
Emergono i molteplici talenti di Lynch: non solo regista, ma anche pittore, disegnatore e fotografo. Così si manteneva in gioventù e questa trasversalità si è riversata nel suo cinema.
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