Autunno 1994. Il 73enne Alvin Straight parte su un tagliaerba con rimorchio da Laurens (Iowa) per Mount Zion (Wisconsin) e percorre circa 500 km in 6 settimane per visitare il fratello infartuato Lyle con cui non parla da dieci anni. Semplice, no? Assolutamente no.
Ad una prima visione 'Una Storia Vera' puo' apparire un film semplice ma non lo è. Se infatti nelle opere precedenti il finale ricomponeva il quadro di serenita' iniziale fatto deflagare dagli avvenimenti prodottisi nel corso del film, in questo lungometraggio questa distruzione dell'ordine, questo cedimento al caos, questa discesa nel "maelstrom", semplicemente non si attua. Non è piu' questione di mettere in scena personaggi a confronto con i propri fantasmi di violenza e sopraffazione, ma di rappresentare una vicenda apparentemente SEMPLICE, onesta, diretta, vera, appunto come sottolinea il titolo italiano del film e come richiama il nome stesso del protagonista (che nelle lingua inglese rimanda agli aggettivi elencati). Il regista ci avverte, dalle note di copertina che accompagnano il compact disc contenente la colonna sonora del film (composta come di abitudine da Angelo Badalamenti) che "LA TENEREZZA PUO' ESSERE ASTRATTA COME LA FOLLIA". Si puo' allora, portando alle estreme conseguenze la stessa frase di Lynch, parlare di 'Una Storia Vera' come di un film "astratto", nel senso in cui questo tende a rappresentare un mondo interiore, privo di rapporto con la realta' oggettuale. Un mondo forse idealizzato, "romantizzato". Di certo poco realistico nonostante le apparenze.
L'universo semantico del road-movie viene completamente svuotato di senso. Questo road-movie è cosi' costretto alla lentezza, alla semi-paralisi (del resto lo stesso protagonista non si muove con l'aiuto di 2 bastoni?) Lynch costruisce un racconto scandito dagli incontri di Straight sulla sua strada verso Mount Zion, che stanno come tante stazioni nel viaggio dell'uomo. Nel corso di questi incontri Straight ricorda il passato, dispensa consigli, commenta la tristezza della vecchiaia, a volta le sue lezioni di vita sono quasi intrise di un moralismo benpensante inusuale in un film di Lynch. Ma non bisogna farsi fuorviare dall' etichetta "disneyana" appiccicata a questo film dai distributori americani o da parte delle critica: Una Storia Vera non è "una storia vera"; o meglio lo è soltanto perchè tratto da una vicenda accaduta. Ma il film non si colloca quasi mai sotto il segno del realismo, non fosse altro perchè la lentezza del suo andamento è oggi impossibile altrove, nelle realta' quanto al cinema.
ANCORA UNA VOLTA LA SCELTA DI LYNCH E' IN NETTA CONTROTENDENZA RISPETTO ALLA "NORMA". Dedicato a chi pensa che: "Non vi è nulla di intrinsecamente sublime in un oggetto sublime". Lynch lascia allo spettatore il tempo di farsi incantare da una miriade di oggetti "sublimi": il cielo stellato, il temporale, un campo di grano, una bottiglia di birra, la vecchia motofalciatrice e perfino la biancheria stesa!
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