‘Kung Fury’ è un mediometraggio del 2015 scritto e diretto e interpretato dallo svedese David Sandberg, che è riuscito a realizzare il suo progetto attraverso una campagna di crowdfunding che ha riscosso un successo incredibile. La durata complessiva dell’opera è di soli 31 minuti ma questi si possono considerare esaustivi per raccontare l’intera storia e per quelli che sono i contenuti rappresentati, che peraltro sono così tanti e tutti condensati in questa unica mezz'ora che la lavorazione del film ha richiesto a Sandberg quasi due anni di lavoro.

Ma che cos’è effettivamente ‘Kung Fury’? Poiché è chiaro sin dalla prima scena che ci troviamo davanti a qualche cosa di particolare e anticonvenzionale e di cui raccontare la trama non abbia alcun senso. Il film, che vede come protagonista l’agente di polizia ‘Kung Fury’, esperto di arti marziali dai poteri quasi divinatori e dotato di una indole tanto ingenua quanto bellicosa, segue le gesta del nostro eroe che dal tempo presente sarà costretto a viaggiare indietro nel tempo per battersi contro la sua nemesi, il più grande criminale della storia: Adolf Hitler. Per riuscirci chiederà l’intervento dell’esperto di computer ‘Hackerman’, così come successivamente si uniranno e si affiancheranno a lui nella impresa finale, lo scontro contro il fuhrer e i nazisti nella Germania del terzo reich, altri compagni di battaglia quali Thor, le due guerriere vichinghe Barbarianna e Katianna, un tyrannosaurus rex, l’agente di polizia Triceracop e lo stesso Hackerman trasformato in un specie di robot della serie ‘Transformers’.

I contenuti del mediometraggio sono chiaramente fantasiosi e al limite del demenziale, anzi questo limite lo superano ampiamente, e sono sicuramente parodistici, riprendendo cliché e stilemi tipici della cultura più tipica dei film di azione anni ottanta e dell’inizio degli anni novanta e facendone uso massivo e la vera ratio alla base dell’intera opera. Si alternano richiami alla sottocultura del cinema di fantascienza e horror di quegli anni; al cinema di azione di Hong Kong tipo John Woo oppure a quello di John Carpenter, quindi al cinema catastrofico giapponese che ha come protagonisti pupazzi giganti come Godzilla e simili; l’amore, anzi il culto vero e proprio per le macchina da corsa e in particolare l’auto simbolo di quegli anni, la Lamborghini Diablo, così come le citazioni ovvie dalla serie televisiva ‘Supercar’; in particolare i film di arti marziali da Bruce Lee fino al boom degli anni ottanta di ‘Karate Kid’ e poi quelli fantasy a partire da ‘Conan The Barbarian’, ispirati alle leggende nordiche; la cultura dei videogame e il mondo dimenticato delle sale da gioco.

Ricco conseguentemente di citazioni ripetute in maniera ossessiva e praticamente in ogni singola scena del mediometraggio, ‘Kung Fury’ è indubbio che sia un lavoro veramente ben fatto e perfettamente riuscito nel centrare il suo duplice scopo di essere tanto una operazione nostalgia quanto una maniera per prendere in giro una intera generazione, letteralmente persa dietro una serie di ‘immagini’ completamente prive di senso e esagerate al limite del ridicolo. Dissacrante, lo spettatore non potrà che divertirsi in ogni caso, anche se magari più giovane, immedesimandosi in qualche modo in chi passava per lo più il suo tempo guardando quei film e magari inserendo in maniera automatica e compulsiva dei gettoni dentro dei grossi scatoloni per giocare a dei videogame antidiluviani.

Tutto questo, combinato comunque a quella che evidentemente è ed era una certa efficacia di quei contenuti, ha contribuito al grande successo del mediometraggio di Sandberg, divenuto anch’esso un oggetto di culto e poi sviluppato anche sotto forma di videogioco. Un successo che è esso stesso anche una parodia, meritata, del grande riscontro e della grande influenza che ha avuto quella cultura che ha avuto la particolarità in qualche modo di emergere prepotentemente fino a diventare dominante e poi invece che svilupparsi, rimanere ferma lì, cristallizzata nel tempo passato.

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