La programmazione TV sotto Natale è qualcosa di indecente, lasciatemelo dire. In sostanza: ma perché, fra panettoni e brodetto sambenedettese, anche quest'anno mi dovrò sorbire "Una poltrona per due" la sera della vigilia e "Mamma ho perso l'aereo" il giorno di Natale...? Abbiate pietà, ci avete scassato con certi film, e coi vostri incommentabili palinsesti. E perché, se metto il 6, mi devo vedere sullo schermo la faccia di Schwarzenegger in qualche cagata di film d'azione o di fantascienza (no, "Scuola di polizia" no, ve ne prego)...? Perché, se metto il primo, devo assistere allo scempio di un concerto di Natale di serie C con tanto di Bryan Adams che canta "Santa Claus Is Coming To Town"...? Ah, per fortuna sul telecomando esiste ancora il numero 3... ma no, Teo, ricordi male, quelli Blob lo danno solo la notte di Capodanno, per la vigilia si son tenuti da parte un documentario sull'invasione nazista della Polonia...
Da tagliarsi le vene.
Ma datemi uno Spaghetti-Western d'annata, dico io, datemi un Leone o un Corbucci, che ci stanno sempre bene, un "Animal House" che me lo vedrei anche per la 50esima volta, oppure... ma sì, anche un bel Kung Fu, un qualche film d'arti marziali, perché no? Qualche classicone con Bruce Lee e simili, è chiedere troppo...?
Se anche a voi è capitato, almeno una volta, di fare di questi pensieri, e come il sottoscritto avete un debole per la Cina e le mosse di tai-chi; e soprattutto, se in questi giorni di nulla televisivo non avete una cineteca a disposizione, né il tempo e la voglia di mettervi al computer a scaricare... Fate una cosa: spegnete il televisore e andatevi ad ascoltare un disco che farà certamente al caso vostro: ovvero, il qui presente "Hsi-Yu Chi" di David Shea (non proprio di un album recentissimo, parliamo: è del 1996; ma è facilmente reperibile in quanto parte del copioso catalogo Tzadik). Orbene, chi è David Shea? Qualche (doveroso) cenno in proposito: è un quasi 50enne compositore di Springfield (Massachusetts, non quella dei Simpson), che da anni si adopera a un difficoltoso quanto eccezionale programma: studiare le relazioni esistenti fra immagini e suono, istituire corrispondenze fra i due piani percettivi e tradurre in musica concreta semplici suggestioni visive. Direte voi: ma in fondo tutti i grandi autori di colonne sonore l'hanno fatto; si, ma non tutti con la stessa varietà di un D.S., che con disinvoltura è capace di passare dall'elettronica agli arrangiamenti orchestrali, dall'improvvisazione Jazzistica al quartetto d'archi e alla musica da camera. La letteratura l'ha spesso ispirato (sua una trasposizione in musica del "Satyricon" petroniano), ma è il cinema ad avergli offerto gli spunti maggiori: soprattutto, il cinema Western e il Kung Fu degli ultimi 30/40 anni, cui il progetto "Hsi-Yu Chi" è dedicato (anche Zorn è appassionato di certo cinema: sarà un caso...?).
Mettete su questo disco, e ascolterete un'ipotetica antologia di 4 decenni di musica per film d'arti marziali. Aperture orchestrali si alterneranno a claustrofobici passaggi di radicale "free" pianistico, con ovvi rimandi alla etnica cinese e thailandese. Tentazioni assai ambiziose, nessuno lo nega, ma il prodotto finale vi sorprenderà per come sappia farsi ascoltare con piacere, quel piacere spesso negato da certa avanguardia più "accademica". Tamburi, campanelli e gu-zheng a volontà, ma anche Blues e lancinanti linee di chitarra wah-wah, esattamente quello che non vi aspettereste di trovare da queste parti. Cavalcate ritmiche frenetiche e martellanti lasciano talora spazio a delicate divagazioni sinfoniche per voce femminile, come anche ad inattese armoniche di "morriconiana" memoria. Una copia di "The Big Gundown", forse? Assolutamente no, pur nel riconoscimento delle affinità. A proposito, c'è anche J.Z. in persona al saxalto, e c'è Marc Ribot a eseguire tutte le parti di chitarra...
Può un solo album essere capace di tanto, e soprattutto: suonare molto "zorniano" evitando l'imitazione più scontata...? Io posso dirvi quello che ho provato, o meglio quello che ho "visto" ascoltandolo. Che ci crediate o no, a un patito di Kung-Fu come me sono passate davanti, in successione, tutte le facce dei grandi di quel cinema: da Bruce Lee a Jackie Chan, da Angela Mao-Ying (la "Lady Kung-Fu" degli anni '70 che le suonava a tutti) alla magnifica Xu Feng "cantata" dallo stesso Zorn (lei, la stella dei film di King Hu: mai visto uno sguardo simile su uno schermo); per arrivare al recente revival dei nostri anni, alla Zhang Ziyi del "Drago Rosso" o de "La foresta dei pugnali volanti". Per chi ha familiarità con certa filmografia, la potenza evocativa di questo disco apparirà irresistibile.
Mi sono dilungato troppo? Spero di no. Giusto il necessario per convincervi del valore dell'opera (zorniani tutti, questa è una bomba: da 5 stelline piene).
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