"(Double fantasy, ndr) Lo dico solo perché lei potrebbe cambiare idea. Qualcosa potrebbe cambiare. Tipo, adesso sono nel mio nuovo studio oppure adesso sono in mezzo all'oceano. Chi può dire che cosa succederà?"

Non so voi ma vi confesso che, leggendo le ultime righe di "All we are saying" di David Sheff (testo che riporta integralmente l'ultima intervista rilasciata nel 1980 da John Lennon alla rivista Playboy edizione americana), un brivido mi è corso lungo la schiena. Sì perché a distanza di 4 decenni dalla tragica morte di Lennon non si può non pensare a quanto possa essere cinico e baro il destino.

Ma oltre a questo la lettura del libro, che è a firma proprio di colui che intervistò in quell'autunno 1980 Lennon ovvero David Sheff (all'epoca un giovane spavaldo alle prime armi con il giornalismo e con un personaggio intervistato di tutto rilievo), mi ha confermato quanto potesse risultare enigmatico, complesso e contraddittorio un uomo come John Lennon (lo stesso non si può proprio dire della di lui consorte Yoko Ono che ogni tanto partecipa a quell'intervista ma senza comunicare grande empatia almeno tanta quanta John). E per questo esterno le mie impressioni sul libro, anche se è la terza volta che, nell'ambito di Debaser, recensisco opere di Lennon o comunque a lui attinenti. È proprio la natura caleidoscopica dell'uomo che non cessa di incuriosirmi ancora oggi, dopo tanti anni dalla sua scomparsa.

L'intervista si snoda per vari giorni, mentre John & Yoko sono alle prese con la registrazione dell'album "Double fantasy". A tal riguardo John esprime grande soddisfazione su quanto inciso a dimostrazione della sua innata tendenza ad abbracciare idee e progetti magari non sempre così validi come potrebbero sembrare di primo acchito (personalmente ho sempre ritenuto" Double fantasy" un lp al di sotto di qualsiasi aspettativa verso le capacità compositive di John, una specie di disco intimista in linea con un certo riflusso nel privato che andava per la maggiore alla fine degli anni 70 del secolo scorso).

Ma oltre a questo, alcune tesi sostenute dall'illustre intervistato non possono non risultare discutibili o addirittura risibili soprattutto oggi a distanza di decenni. Intanto richiesto di spiegare come mai sia rimasto lontano dal 1975 dalla scena discografica, John Lennon se ne esce esaltando la scelta (o qualcuno di nome Yoko lo ha indotto a scegliere?) della vita del casalingo spupazzandosi il pargolo Sean e mettendosi ad infornare filoni di pane (venuti bene a suo dire). Con tutto il rispetto per chi è solerte nell'allevare i figli (e così non fu da parte di John verso il primo figlio Julian), però darsi da fare anche a guadagnarsi da vivere nel frattempo (nel suo caso componendo ed incidendo canzoni) non dovrebbe essere accantonato. Provate ad immaginare, tanto per dire, un più volte padre come Paul McCartney che si assenta dalle sale d'incisione proprio per fare il casalingo a tempo pieno. O un altro artista geniale come Pablo Picasso che tralascia quadri, colori e pennelli per fare il papà ed anche il panettiere a tempo perso.. Voglio dire che la scelta di Lennon era semmai dettata da altri motivi reconditi del tipo blocco creativo mentre la scaltra consorte era in giro a fare la navigata donna d'affari (da notare che John manifesta sempre un atteggiamento comprensivo e deferente verso Yoko che, più anziana di lui, riveste un po' un ruolo materno nel loro rapporto di coppia).

Non meno opinabile è poi affermare, come fanno i due in un passaggio dell'intervista, che la loro scelta di impegno casalingo sia tanto rivoluzionaria dal momento che il vigente sistema capitalistico predilige cittadini consumatori single, gay o lesbiche. Leggendo questo ho strabuzzato gli occhi sia perché la scelta pro gay o lesbiche è oggi (come allora 1980) giusto tollerata ma non incoraggiata (per non dire che il fatto di essere single è una condizione transitoria) e poi se due persone adulte decidono di mettere al mondo un figlio o figlia è giocoforza che ne consegua una serie di bisogni naturali o indotti legata ad una nuova vita che certamente non intralciano (tutt'altro) i meccanismi di un sistema capitalista (come negarlo?). Francamente a me viene da pensare che una coppia, come è stata quella di John Lennon e Yoko Ono, non abbia mai avuto alcunché di assimilabile ad un'entità socialcomunista (semmai è stata pacifista quando era particolarmente sentito il rifiuto verso la guerra in Vietnam).

Ma a sembrare riduttivo, a mio avviso, è l'analisi di John nei confronti della produzione musicale dei Beatles, che viene passata al setaccio (in gran parte) brano per brano, specificando chi fosse il vero autore di ogni singola canzone, ovvero Paul McCartney o John Lennon. Ciò è parzialmente vero perché, se la scintilla compositiva iniziale poteva essere di un singolo, poi però quello che ha fatto sempre la differenza è stata la sinergia di quattro musicisti che, in sala d'incisione insieme all'arrangiatore George Martin, davano il meglio di sé e testimoniavano l'esistenza di un'alchimia musicale irripetibile e pressoché magica. E quindi John, Paul, George (che nell'intervista del libro appare immeritatamente una sorta di illustre giovane comprimario) e Ringo hanno dato vita a un quartetto fondamentale nella storia musicale del Novecento (non per nulla le loro rispettive carriere solistiche dopo la separazione non hanno eguagliato quanto realizzato prima in simbiosi).

Detto tutto questo "All we are saying" è comunque meritevole di una lettura anche per cercare di decifrare il flusso dei pensieri (e conseguenti atteggiamenti) di un uomo sorprendente ed impulsivo come è stato John Lennon. Anzi a leggere il libro mi è sorto spontaneo il pensiero di cosa avrebbe potuto dire un tipo così estroso e ricco di sfaccettature come John se, a Dio piacendo, avesse continuato a vivere in barba a fans squilibrati e dal grilletto facile, rilasciando un'altra intervista (che so) in occasione del suo cinquantesimo compleanno: avrebbe cambiato idea su vari temi? Sarebbe stato ancora deferente ed innamorato di Yoko Ono? Nessuno può dirlo e a noi oggi resta solo il suo ampio ed eclettico repertorio musicale che ogni tanto viene riascoltato ed apprezzato. Un tesoro di inestimabile valore per le generazioni a venire.

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