Ho davvero parlato troppo di Fabrizio De Andrè nelle ultime settimane, ma ne voglio parlare ancora un po’, per cui oggi parlerò di Davide Van De Sfroos..
Per chi non lo conoscesse, Davide Bernasconi (aka Van De Sfroos) è un tardo-cinquantenne, del profondo nord d’Italia, che si occupa di canzoni.
La prima impressione che mi fece, da buon terrone, ai tempi dei concerti per la Lega Nord di Bossi (chissà perché poi pubblicizzavano solo quelli anche se pare cantasse per tutti..) fu di una faccia (non troppo simpatica) come tante e una voce, come tante, da dibattito sull’indipendenza della Padania al dopo-lavoro ferroviario, in uno dei tanti paesi orgogliosamente padani del nord Italia.
Insomma, niente di speciale..
Poi lo ho conosciuto meglio ed oggi è per me, per iniziare, un po’ il Camilleri dei cantautori italiani, con l’unica differenza che scrive in un bellissimo dialetto parlato all’estremo opposto d’Italia.
Una sorta di Camilleri per la sagacia dei suoi testi dialettali (in laghè) e delle sue storie di paese, condite spesso di misteri, di storie torbide, di sesso, ma anche per la affermazione professionale a livello popolare arrivata in “tarda età” (mi riferisco alla partecipazione a Sanremo del 2011).
Oltre questo Davide Bernasconi è soprattutto, sempre per me, ben inteso, e vengo al punto, l’unico vero erede, negli anni duemila, della straordinaria potenza poetica in forma di canzoni di Fabrizio De Andrè.
Sono sicuro che se Faber fosse vissuto ancora qualche anno avrebbe cantato in un concerto insieme a lui le sue canzoni, o addirittura fatto un album insieme.
I personaggi di De Andrè avrebbero facilmente stretto amicizia con quelli di Bernasconi, Jamin-A, ad esempio, avrebbe potuto essere facilmente una delle “attrazioni” de “Il Paradiso dello scorpione”.
Basta mettere a confronto questi versi "infuocati", i primi del comasco, i secondi del genovese:
"e una donna che sembra un'anguilla maneggia mutande e lenzuola …
ma se il demonio ha una bottiglia questa donna è il suo imbuto"
(Davide Bernasconi, "Il Paradiso dello Scorpione")
"E l'ultimo respiro Jamina Regina madre delle sambe
me lo tengo per uscire vivo dal nodo delle tue gambe"
(Fabrizio De Andrè, "Jamin-A)
Ancora, il protagonista de “Il libro del mago” non ha una storia e un destino troppo dissimile dal protagonista di “Un medico”, entrambi provengono da un'età ideale, di sogni, di utopie, di illusioni, uno finisce a vendere "fiori di neve" per poi finire in prigione, quella con le sbarre, l’altro a vendere "talismani e braccialetti di rame", e futuri illusori, una volta finito inesorabilmente in una sua personalissima “prigione dell’universo”, dopo essere stato all’universo "in braccio".
Le canzoni di Davide Bernasconi sono canzoni fatte di immagini fulminanti a raccontare storie di gente comune, grazie alla propria umanità, anche nella sua unicità, proprio come faceva il nostro più grande cantautore-poeta.
Akuadulza, a parere del sottoscritto, è il suo capolavoro.
L”album, e la canzone.
Un ritratto in forma di cantilena, impressionista e straordinariamente bello, di un posto incantato fuori dal tempo, che forse richiama, più che De Andrè e Camilleri, il grande Dylan Thomas (passione letteraria dichiarata del comasco) ed il suo “Sotto il bosco di latte”, lo stile con cui finisce la canzone è lo stile con cui inizia il dramma del gallese:
“Dormono i bambini, i fattori, i pescatori, (…), e le mucche nelle stalle, e i cani nei cortili melmosi, s'ode cadere la rugiada (…)
E soltanto voi udite l'invisibile cadere delle stelle, il moto più che mai oscuro (…) del mare colmo di sogliole e rombi (…)
Ascoltate, (…) è il vento liturgico salino e musicale (…)
(Dylan Thomas, "Sotto il bosco di latte")
“E passa un battello e passa un inverno e passa una guerra e passano i pesci
Passa il vento che ti ruba il mantello e passa la nebbia che rinchiude le stelle”
(Davide Bernasconi, "Akuadulza)"
Un'ultima cosa.
Sentivo ultimamente su YouTube un intervista in cui il De Andrè raccontava dei suoi limiti come autore di musiche e riconoscendo in Lucio Dalla l’unico cantautore italiano capace di comporre grandi testi e contemporaneamente grandi musiche.
Ecco, questo album contiene quella che avrebbe potuto essere il frutto di una improbabile quanto suggestiva collaborazione fra Dalla e Faber, “Il prigioniero e la tramontana”.
La storia di “La casa in riva al mare” riscritta nello stile poetico di De Andre, migliore omaggio ai nostri più grandi cantautori non avrebbe potuto esserci:
Forse la mia risposta ormai è fredda
dentro la clessidra di questa prigione
Tramontana cosa vuoi... abbiamo un tuono senza voce
Ogni clessidra sogna di perdere la sabbia in un deserto...
E diciamo tutti che ormai è tardi
e diciamo tutti che è troppo presto
e diciamo tutti che è presto, è tardi, ma nessuno sa per che cosa
e diciamo tutti che eravamo angeli e che però ci hanno dirottato
e abbiamo le ali stropicciate e ripiegate sotto il cappotto.
Come dargli torto…
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