Chiunque sia convinto che 'Storm Of The Light's Bane' rappresenti il nonplusultra del black svedese dovrebbe dare un'ascoltatina a questo disco dei Dawn, semi-sconosciuta band che come altre ha patito la concorrenza con i Dissection, gruppo salito alla ribalta delle cronache anche per i crimini commessi dal leader Jon Nodtveidt, incarcerato poi per undici anni.

"Slaughtersun" (1998) è un disco INCREDIBILE, direi perfetto in ogni sua nota, e merita di essere posto nell'olimpo dei classici tra i grandi dischi di Burzum, Mayhem, Graveland, Mutiilation e Judas Iscariot. Una recente ristampa ha rimesso in circolazione questo e alcune prove precedenti, lavori di transizione verso il capolavoro ma già di ottimo livello.

Nei sette brani che compongono l'album troviamo una riuscita miscela di quegli elementi che hanno caratterizzato gli ultimi dieci anni della scena svedese, sommariamente divisa dai critici in due scuole comunicanti tra loro: quella Black-Death (degnamente rappresentata da Dissection e dai Necrophobic) e quella Black Melodica (dei vari Dark Funeral, Marduk e Setherial). Dalla prima i Dawn prendono probabilmente l'attitudine, meno "caricaturale" ed estremista di quella del Black svedese, puntando su un immaginario decadente che ha più in comune con i Death che con l'universo satanista vero e proprio; oltre agli spunti lirico-culturali è notevole la presenza di alcune partiture al limite col death, veloci e caratterizzate da numerosi cambi di tempo, pause ed un riffing molto elaborato.

D'altra parte i Dawn si mantengono con i piedi piantati in quel filone black svedese a suo tempo forgiato da Marduk e Dark Funeral, costruito su sonorità glaciali ma melodiche, soprattutto nel riff, con presenza significativa di ritornelli, strutture facilmente rintracciabili ma mai banali e tempi di batteria sempre veloci e annichilenti.

Pur partendo da queste coordinate la band evolve tali spunti creando un suono personale, esaltato dalla produzione cristallina che gli dona una profondità difficilmente riscontrabile altrove: "Slaughtersun" è come un fiume in piena, costruito su riff melodici, incentrato su capitoli lunghi e articolati (una media di otto minuti), adagiato in un'atmosfera decadente, crepuscolare. Onnipresente un certo senso di inquietudine che regna sovrano tra le note e le melodie dei brani. Come già detto l'universo lirico si distanzia molto da quello svedese, generalmente superficiale e innocuo tra invocazioni a Satana e descrizioni di vicende belliche.

Si potrebbe quindi a ben ragione dire che la Luce sia il tema attorno cui ruota la concezione dei Dawn: il sole che emerge alla mattina dal mare e si rituffa alla sera simboleggia l'eterno rinnovarsi della vita tra alti e bassi, la condanna a vivere ogni istante di essa, consapevoli che domani tornerà il sole sopra le nostre teste: se il giorno inizia sempre alla grande con il sorgere del sole potete stare certi che ogni sera quell'astro luminoso affogherà lentamente in mare, questa è l'unica certezza. Su questo sfondo di eterna e altalenante natura si staglia l'universo dei Dawn: il quadro è quello di un'umanità che ogni giorno lotta per difendere le proprie idee, trascinare avanti la propria dignità, conseguire i propri obbiettivi; è anche l'affresco di un mondo morente: tutto qui è grandioso, come le belle speranze, e tutto alla fine crolla miseramente.

La Luce quindi rappresenta la tempo stesso la speranza del giorno che nasce e la disillusione di quello che finisce, i colori delle melodie e l'ombra del black metal, come Presenza, il Bene, come Assenza, il Male dentro ognuno di noi.
Certo è da sottolineare come questa decadenza assuma tinte affascinanti attraverso le note dei Dawn: un gusto molto malinconico per la melodia caratterizza tutti i brani. Il disco presenta in primis un dittico come "The Knell And the World"/"Falcula" che dispiega al meglio le potenzialità del disco: ritmiche serrate, chitarre che ricamano partiture melodiche e graffainti insime, una voce disperata, difficilmente descrivibile, segnata.

Ma questo schema trova infinite varianti, come nel caso di "The Aphelion Deserts", che aggiunge alla base black/death originali tessiture neo-classiche, donando al brano un sapore ancora più scuro, espresso però in modo sempre molto regale, senza sbavature. Consigliato. Di facile ascolto.

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