Arrivano i soliti ed inevitabili momenti in cui ti chiedi "ed ora che ascolto?"; così inizi a rovistare tra i dischi alla ricerca di qualche disco ormai sepolto dai tuoi ascolti recenti, sperando di (ri)trovare qualcosa di interessante da ascoltare. E' così che ho ripescato i De Gladas Kapell, misconosciuto gruppo di sessionman svedesi (Coste Apetrea alle chitarre, Stefan Nilsson alle tastiere, Peter Sundell alla batteria e Georg Wadenius al basso) autore di questo "Spelar Nilsson" datato 1978.
Il sottobosco Progressive scandinavo ha una tradizione ben consolidata, e non a caso lo storico Progressive di casa nostra ha ancora oggi da quelle parti una schiera di appassionati non indifferente. Questo ponte "Italia-Scandinavia" è un buon aggancio per parlare di "Havanna Boogie", ovvero il pezzo con cui aprono il disco. Ponte "Italia-Scandinavia" proprio perché il pezzo in questione, per dinamica e fraseggio, ricorda la nostra PFM; un bel pezzo effervescente il quale riesce a mettere in risalto le indiscusse qualità tecniche dei quattro: dalla estroversa ritmica di Sundell e Wadenius, tipicamente di stampo Jazz/Rock, fino al solo acido di Apetrea. Jazz/Rock che associato alla Fusion farà capolino in altri momenti del disco, come in "Samballad", pezzo dalla briosità ritmica marcata e il quale certamente paga un tributo a Chick Corea e a tutte le fasi Jazz/Rock e Fusion della sua carriera. I quattro riescono anche a catturare e scrivere la parte sensibile del loro songwriting, e non solo la parte esasperata dalla tecnica; proprio in virtù di questo, la simil-ballad "Kelt Visan" offre spunti assai interessanti, soprattutto grazie al pianismo di Nilsson e al lavoro prezioso di Apetrea alla acustica. Elementi sensibili che comunque ritorneranno, come nel caso della eterea ed introspettiva "Morgonlat" oppure anche in "Nyspolat", brano dagli accenti notturni ed esotici di radice atlantica, al quale viene dato il compito di chiudere il disco. Brano composto da Apetrea e Nilsson e suonato in tandem da solo loro due, in un gustoso botta e risposta tra piano e acustica; elemento il quale, per certi versi, mi ricorda alcuni passaggi tra Roberto Ravasini e Sergio Lattuada dei Maxophone.
In conclusione è un album molto interessante, certamente consigliato a chi è amante della musica strumentale di stampo Progressive e Fusion. Non è certamente un album per il quale andare in fissa, ma sicuramente un album dalla riscoperta molto piacevole.
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