Non solo di Krautrock
Uscito poche settimane fa per la nuova etichetta del gruppo, Phazz-A-Delic, questo sesto lavoro di De Phazz, "open-band-concept", come loro amano definirsi, ha già conquistato gli appassionati che li seguono dal loro primo album "Detunized Gravity", del 1997.
Ogni nuovo lavoro di questa concept band, tedesca di Heidelberg, rappresenta una scommessa sul tasso di novità, di cifre musicali non ancora dischiuse che essa riuscirà a sviluppare in sala di registrazione. Chi li aveva ascoltati nel lavoro d'esordio avrà pensato all'ennesima formazione che, utilizzando sapientemente l'elettronica, era riuscita a produrre un downtempo intrigante e attraente, ma con ciò stesso anche cucendosi addosso un'etichetta che l'avrebbe invariabilmente identificata per quello che era, cioè niente di più di un nuovo nome che andava a rinfoltire la già nutrita schiera degli esponenti del krautrock con venature chillout e lounge. E invece, l'abilissimo alchimista elettronico, nonché capitano della formazione, Pit Baumgartner, di album in album ha mostrato che anche nei pur tutto sommato ristretti spazi di manovra offerti dagli stilemi della lounge music era possibile innestare una serie innumerevole di divagazioni, di incursioni su terreni musicali non esplorati dai vari dj e tecnici del suono con una propensione per la registrazione di brani campionati di produzione propria.
Album dopo album, i De Phazz ci hanno abituato a certe costanti, che sono l'estrema attenzione alla tecnica della composizione musicale, la sintassi armonica in cui domina la logica dell'equilibrio formale e della simmetria: molte composizioni sono chiaramente costruite a moduli, come se il suono si facesse struttura geometrica, linee, piani. E di quanto per il genere musicale in questione esista in effetti questa corrispondenza tra lo spazio, l'ambiente fisico, e il suono che lo occupa, testimonia anche il fatto che un altro interessantissimo esponente del genere downtempo, lo svizzero Robert Jan Meyer, fautore del progetto minus8, quando non è al McIntosh ad assemblare le sue composizioni musicali, si occupa dell'altra sua professione, che è quella, appunto, di architetto. Ritornando a Dephazz, la vera costante nella musica di questo gruppo è l'inesausta ricerca di forme di espressione se non nuove, - ché anzi c'è in questi brani un continuo giuoco di citazioni di generi musicali appartenenti alla tradizione, certamente però sempre mutevoli e diverse le une dalle altre.
Piace pensare al progetto De Phazz come a un prospero viaggio, durante il quale coloro che lo compiono raccolgono una serie non finita di sensazioni di impressioni di immagini che mettono poi in musica e consegnano al proprio pubblico. E ogni nuovo album regala al pubblico, ancora non numerosissimo ma sempre più affezionato, sorprese gradite. Il più sorprendente, per la sua struttura sostenuta da una formidabile combinazione di ritmo e melodia, è "Daily Lama" (2002).
Se la scommessa ad ogni nuovo lavoro di De Phazz è: riusciranno anche questa volta a non ripetersi? Ad esprimere qualcosa di nuovo? A sorprenderci con sonorità non ancora udite, con soluzioni stilistiche che ti fanno incuriosire, tendere l'orecchio? Ebbene, direi di sì, anche questa volta la scommessa è vinta. Pit Baumgartner produce e firma quattordici dei sedici brani di questo album, alcuni, invero, come co-autore. E come sempre è alla guida e alla direzione del suo gruppo di musicisti spesso di elevato talento, che cambiano ad ogni nuovo album, eccezion fatta per alcuni di loro, che partecipano al progetto Dephazz fin dall'Lp d'esordio, come Karl Frierson e Barbara Lahr, entrambi voci soliste. E Baumgartner spazza via definitivamente il sospetto, semmai ce ne fosse stato bisogno, che questo genere musicale non si risolva alla fine in nient'altro che puro esercizio formale, tipico accompagnamento in sottofondo, assieme al tintinnio dei calici di champagne ghiacciato, di vacue conversazioni a raffinati ma formali cocktail party, oppure la musica più adatta da diffondere a volume soffuso dall'impianto stereo di qualsiasi locale che voglia darsi un certo tono di ricercatezza. Con "Days Of Twang" entriamo definitivamente nell'ambito del downtempo di qualità certamente elevata, ma dove il contenuto è non meno importante della forma.
Dopo "Twang", brevissima intro, giusto una manciata di secondi, il ritmo si scatena subito nella traccia n. 2, "Boogie Philosophy", pezzo dall'irresistibile groove funky che vi metterà voglia di lasciarvi coinvolgere nel movimento di questa musica, soprattutto se avrete fatto inghiottire il cd dalle fauci di un hi-fi di qualità adeguata e ne saprete regolare i bassi a dovere. Da qui in poi il ben noto eclettismo dephazziano parte per un lieto viaggio di 44 minuti ad esplorare, in toccate e fughe sempre gradevolissime, i più svariati ritmi, le più inaspettate commistioni di stili, generi e sottogeneri musicali: dalla bossa nova al trip-hop, dall'acid jazz al nu jazz, dal lounge al blues, dal drum&bass ai tuffi indietro nel tempo in quel krautrock di nobilissimo lignaggio da cui tutta la storia di questa ensamble tedesca ha preso le mosse.
Totale è la cura posta negli arrangiamenti, tanto che anche il gusto per i suoni furbescamente sporchi, quella simulazione di incidenti elettromeccanici, come il crepitio della puntina che saltella sull'ultimo solco del vinile, non fanno altro che sottolineare, per contrasto, il contesto di assoluta pulizia formale sotteso a tutta l'opera. E non dobbiamo dimenticare che, come contrariamente avviene di solito per questo genere di musica, qui non è solo una questione di abile lavoro di sampler e sintetizzatori. Certo, ci sono in quest'album anche sampler e sintetizzatori. Ma, e vorremmo dire, soprattutto, qui suonano musicisti in carne ed ossa. E di altissimo livello. Raffinatissima la tromba di Thomas Siffling in "Nonsensical Thing" e "Dancing With My Hands" ad esempio. Oppure certi eleganti ricami, come i brevi tocchi di fisarmonica di Tobias Escher in "It Will Turn Out Right". "Hell Alright" è il brano più spumeggiante dell'album: le voci di Pat Appleton e Mr. U.N. Own Jr. si alternano in una bossa nova che dà un non troppo nascosto occhio al mercato, se è vero che proprio a questo brano è stato affidato il ruolo di apripista dell'Lp, e il relativo video viene proposto nel sito ufficiale dei Dephazz.
"Shadow Of A Lie" richiama atmosfere da bebop, ma... attenzione!, repentino cambio di fronte nella traccia successiva, "Whats The Use Of": salsa!, anche qui però, con l'aggiunta di un tocco spiazzante e giocoso: il banjo di Adax Dörsam, che determina la decisa sterzata del brano verso coloriture country-blues. Uno spasso per l'apparato uditivo! L'entusiasmo creativo che i Dephazz sanno infondere anche in questo nuovo lavoro è forse la vera forza che dà vita a ritmi e stili sempre diversi, talvolta lontanissimi tra loro: addirittura sbalorditivo il brutale scarto tra lo zulu-rap di "Le Petit Bastard", diretto richiamo ai tempi delle contaminazioni osmotiche tra Afrika Bambaataa e UB40, e "It Will Turn Out Right", dove l'atmosfera a metà tra blues e soft jazz e la voce morbida e sensuale di Moon Girl sembrano divertirsi a fare il verso alla Sade Adu di "Smooth Operator". Le tracce che ci sono piaciute di più: "My Society": vocals della co-autrice del brano Pat Appleton dentro a quell'efficace connubio di ritmo e melodia di cui si è detto, e "Dancing With My Hands", che parte con dei vocalizzi di Barbara Lahr, quasi di "riscaldamento" delle corde vocali, per poi svilupparsi, anch'essa, in corposa, affascinante melodia.
Questo "Days Of Twang" è quindi un album davvero riuscito. Ad ogni nuovo ascolto scoprirete sensazioni non provate all'ascolto precedente, un guizzo negli arrangiamenti nascosto dietro le sonorità portanti, e qualche felice luogo nei testi attirerà la vostra attenzione, quando si direbbe che in questo genere di musica tutto sia importante fuorché il fatto che le parole cantate debbano avere, oltre che una funzione puramente accessoria e decorativa, anche un benché minimo senso compiuto. Un gioiellino musicale che vorrete ascoltare spesso e che vi suggerisco di non farvi mancare nella vostra raccolta di cd.
De Phazz, "Days Of Twang", Phazz-A-Delic, 2007
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