"Efficiency and progress/is ours once more/now thah we have the neutron bomb/it's nice and quick and clean and gets things done.../So let's kill kill kill the poor tonight!!!".

Una voce esasperata e teatrale declama questi versi paradossali con insensata letizia e baldanza.
La voce è del cantante dei Dead Kennedys, un oltraggio sonoro, Jello Biafra ( al secolo Eric Boucher), un oltraggio vivente. Così si apre il disco d'esordio dei Kennedy morti, accomodanti e corretti fin dal nome...

14 tracce di punk ipercinetico, veloce, violento, furioso, in una parola: hardcore. 14 Schegge di vetro negli occhi del grasso e bigotto americano medio benpensante. Un concentrato di follia, ma di lucida follia, una rabbia che non è mai cieca, ma intrisa di cinico sarcasmo che rende quest'opera il frutto marcio più feroce e divertente che sia mai nato dal carrozzone punk. Se avete in mente scoreggioni tipo Nofx, Lagwagon e Rancid, go away to jerk off babe, questo non fa per voi...

L'agitatore principale del gruppo è il succitato Biafra, un blasfemo, irriverente, ironico rompicazzi che spara a zero contro tutto e tutti, che infervora le sue invettive con un tono ferocemente satirico, teatrale e rabbioso, ora lugubre come un vampiro, ora indiavolato e cannibale; immaginatelo: uno zombi ipervitaminico che cavalca un missile scagliato a velocità folle contro il vostro buonsenso: il fidanzato che piacerà anche alla mamma!!
Ora, prendete questi quattro giovani di belle speranze che si dichiarano a piè sospinto "Too drunk to fuck", Jello, East Bay Ray, Klaus e Ted, e catapultateli nell'Amerrega di Reagan dei primi anni '80, quella dei cristiani rinati e dell'F.B.I. che addestra i terroristi, dei corporate deathburger e di Dallas e Dinasty, dei rednecks violenti e della polizia premurosa. Fatto? bene, quale sarà l'impatto?
Es.: Sid Vicious che tenta di spiegare le sue ragioni ad un bravo ragazzotto texano dall'aria intelligente e finisce per spaccargi il basso sulla schiena; un bel casino insomma. E infatti i Kennedys di botte ne hanno date (virtuali) e prese (vere) tante, dagli sbirri e dai nazi, ma sono sempre riuscitia rialzarsi in un modo o nell'altro, e l'oltraggio è continuato pattinando sulla bile degli ottusi.

Dopo l'amabile sketch iniziale di cabaret per folli "Kill the poor", si continua con la fulminea "Forward to death", in cui il perplesso Jello pone alcune pacate obiezioni alla società che lo circonda (i don't need your way of life/i can't stand your attitude/i don't need this fucking world/i'm looking forward to death) ed esplica catarticamente la pulsione di autodistruzione e morte che ha segnato spesso tragicamente la storia del punk. La sceneggiata grandguignolesca continua con il boogie frenetico e miniaturizzato "When ya get drafted" e il surf demente "Let's lynch the landlord", con la cantilena ossessiva di "Drug me" (drug me with vitamin C, with your magazines, with you fuck machines) e la scoria abrasiva "Your emotions".
Il tiro è sempre elevatissimo, e la forza espressiva delle loro invettive è davvero originale, musicalmente supportata dal frastuono sonoro creato dalla chitarra isterica di East Bay, dal basso spesso funk di Klaus e dalla batteria incalzante di Ted.
Di epilessi in epilessi passiamo in rassegna la micidiale e schizofrenica "Chemical warfare", e arriviamo al primo picco del disco, quella "California uber alles" divenuta simbolo del gruppo, dedicata prima alle smanie neonaziste del governatore Jerry Brown, e poi, perchè no, direttamente a mr. president Reagan, sorretta da un ritmo marziale e da una recitazione straordinaria, con la voce di Biafra incombente e minacciosa. Subito dopo tocca alla dissacrante finta malvagità di "I kill children", che ci racconta i perversi desideri omicidi del cantante (i kill children, i love to see them die, i kill children and make their mamas cry) sballottati in un frullatore sonico stordente. Ancora tre sarabande inquietanti e sovversive come "Stealing people's mail", "Funland at the beach" e "Ill in the head" (realmente disperata) e si arriva all'altro apice del disco, la seconda parodia deviata di hit : il deragliante treno di "Holiday in Cambodia", lunga e progressivamente inarrestabile, nella quale Biafra si immagina di catapultare un qualunque studente borghese occidentale direttamente nell'inferno del regime cambigiano di Pol Pot (it's tough kid, but it's life).

I Kennedys colpiscono il ventre molle, giocano sporco e scorretto e si dedicano tanto ai "capi" quanto a te che leggi e a me che scrivo.
Il linguaggio di Biafra rimane sempre surreale, paradossale e ironico, non diventa mai pesante come, chessò, quello di un buzzone metallaro anche quando ci delizia con tali amenità. E' una costante, diabolica presa per il culo, una strategia della tensione al contrario, efficacissima, che smonta, ridicolizza e piscia sopra i falsi miti dell'American way of life, senza mai cadere nella facile retorica.
A chiudere il disco l'ultimo gioiellino, o rifiuto tossico, come preferite, una cover di "Viva Las Vegas" di Elvis, lanciata a mille all'ora e cantata come uno psicopatico su uno dei riff più divertenti che abbia mai sentito. Chapeau. Nessuno è innocente, e nessuno sfugge alla caustica ebbrezza distruttiva del gruppo, neanche (soprattutto?) il Re.

I Dead Kennedys sono come una iena che ride di te con la bocca spalancata e sbavante; o forse ti sta mostrando le zanne?
Questo disco ha creato un modo di esprimersi e di fare musica totalmente nuovo nel mondo del rock n' roll; l'innovazione parte dalla musica, passa dai testi per arrivare fino all'artwork. Questo non è un disco hardcore. Questo è un disco che, insieme a pochi altri, ha definito cosa è hardcore.
Ci sarebbero tante cose ancora da dire sui Kennedys, su Biafra e il suo terrorismo "multimediale", ma immagino che a questo punto farebbe una pernacchia ai miei noiosi discorsi e strillerebbe:
"You're so boring, boring, boring, always tape machine recording, you're so boring, boring, boring, i have heard all this before!!!"
Chiaro no?

Carico i commenti...  con calma