Giunti alla quarta fatica discografica (quinta con il live di due anni fa) i Dead Meadow sfornano il loro lavoro più completo.
"Feathers" segna un'evoluzione nel tipico sound ipnotico-ossessivo della band di Washington D.C., grazie ad un approccio più vario alla materia heavy psichedelica, che si manifesta in una maggiore fruibilità della loro musica.

Le differenze musicali rispetto alla produzione precedente si manifestano subito nell'opening Let's Jump In, brano saturo di miasmi psichedelici, dall'incedere ipnotico e contemplativo, ma con un atmosfera meno fosca e doomy, oserei dire quasi "positiva".
Come tutta la produzione dei Campi Morti, il disco va assorbito e metabolizzato con ascolti continuati, preferibilmente in cuffia, per godere appieno dell'effetto stonante delle trame chitarristiche.

I nostri sembrano a volte adoratori di un improbabile "culto del wah-wah", vero protagonista tanto di questo "Feathers", quanto dei lavori precedenti; ascoltare per credere la paludosa Get Up On Down in cui la sei corde sembra acquistare la parola per prodursi in lamentosi "whoooaaahhh-whoooaaahhh".
Un po' spiazzanti gli esperimenti bluesy di At Her Open Door, che si riscatta però con una cavalcata finale impressionante, e addirittura fuori luogo la ballad acustica Stacy's Song, a metà fra Smashing Pumpkins periodo "Pisces Iscariot", e i (sopravvalutati) Brian Jonestown Massacre.

Il resto è un florilegio psichedelico multicolore, con prevalenza di marroni e verdi cupi, la cui massima espressione viene raggiunta nella hidden track finale, 13 minuti e oltre di Black Sabbath dispersi in un oceano acido.
Onore quindi ai Meadow, che, seppur autori di una musica profondamente radicata nel passato, sono riusciti a creare un sound evocativo e personale, operazione non facile in un ambito musicale come quello heavy psych attuale di per sé inflazionato da decine di gruppi clone.

Carico i commenti...  con calma