Giornata uggiosa...un campo di grano sterminato tutto intorno…in mezzo ad un mare di nebbia una casa stile coloniale con un porticato...sotto il porticato una sedia a dondolo...sulla sedia una cara vecchina sembra parlare con la nipotina teneramente seduta sulle sue ginocchia...si voltano verso di me…un momento, la vecchina sogghigna…tre denti in croce…occhi rossi che scrutano…si rivolge alla nipotina che si gira a fissarmi anche lei...mio dio ma è orribilmente deforme e pelosa...mi corre incontro...fuggo fra la nebbia mentre la bambina mi insegue…corvi, corvi ovunque…poi chiara e squillante una voce che esclama: “PAPÀ!”
No, non sto parlando del remake di Texas Chainsaw Massacre, ma è un esempio di quello che la musica dei Dead Meadow è capace di evocare nelle menti più sensibili. Ovvero ciò che ho sognato una notte dopo essermi addormentato sentendo questo disco. Pur muovendosi all’interno del cosiddetto “stoner”, questo trio di Washington spicca per la cadenza quasi doom della propria musica, caratterizzata però da suoni velatamente 60’s. Del doom riprendono l’ossessività pachidermica, il potere straniante di una musica che sembra trascinarsi stancamente, quasi rotolare, verso l’ascoltatore.È proprio il ripetersi mantrico e ipnotico delle ritmiche che contribuisce a rendere psichedelica la musica dei Dead Meadow. Una psichedelia priva dei cliché del genere, ma che sortisce lo stesso effetto di dilatazione spazio-tempo. Mi verrebbe da definirla “psichedelia rurale” o meglio “agreste”, un suono che sembra fuoriuscire direttamente dalla terra. Un contributo significativo all’effetto “mind-blowing” del disco è dato dalla voce del cantante John Simon, assimilabile più ad un cadenzato lamento di un bambino che ad una voce adulta.
Una psichedelia priva dei cliché del genere, ma che sortisce lo stesso effetto di dilatazione spazio-tempo. Un contributo significativo all’effetto “mind-blowing” del disco è dato dalla voce del cantante John Simon, assimilabile più ad un cadenzato lamento di un bambino che ad una voce adulta.Non riesco a consigliare l’ascolto di un brano rispetto ad un altro, tanto è compatta la materia di cui è fatto questo album. L’unico consiglio che mi sento di dare è di non giudicare il disco ad un primo ascolto; da buon pachiderma si muove lentamente, e all’inizio lo distanzierete. Ma alla fine vi raggiungerà. E vi schiaccierà…
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