Se continuano a produrre film che hanno come contenuto principale il cambiamento climatico, significa che questi film funzionano. Più che l'alta tensione, le scene d’azione oppure gli effetti speciali (variabile poi che va considerata anche a seconda dei mezzi a disposizione della produzione), la ragione principale di questo interesse va ricercata in quella che pure a livello inconscio costituisce magari non una ragione di coinvolgimento attivo nell'interesse alla causa del cambiamento climatico, ma vera e propria paura davanti a catastrofi naturali che non possono essere contrastate. Si tratta peraltro di qualche cosa che non costituisce una novità nell’immaginario dell’essere umano, ma che negli ultimi anni ha avuto evidentemente ragioni per crescere e sostituire quello che fino alla fine degli anni ottanta era il timore di un olocausto nucleare. Del resto il mancato accordo su temi come le energie rinnovabili e il cambiamento climatico, principalmente causa l’atteggiamento ostile degli USA di Donald Trump (ma è la situazione internazionale nel suo complesso a essere diciamo "particolare"), costituisce una delle questioni più calde nel campo della politica internazionale. Certo la maggior parte delle persone di tutto questo non sa niente, ma poco importa, le reazioni emotive davanti al “disastro” sono comunque le stesse.
In questo film intitolato “Geostorm” e diretto dal regista Dean Devlin sono proprio (ancora) gli Stati Uniti d’America ad avere il destino del pianeta nelle proprie mani. Dopo una violenta crisi climatica globale che nel 2019 ha ucciso milioni di persone, la comunità internazionale affronta in maniera unita e compatta la questione e la risolve con un innovativo e composito sistema di monitoraggio satellitare denominato “Dutch Boy”. Il progetto viene gestito in una prima fase dagli USA, ma proprio quando si avvicina il passaggio di consegne, il sistema comincia a smettere di funzionare e scoppia una nuova crisi. I vertici del governo USA decidono allora di richiamare e rispedire nello spazio lo scienziato Jacob Lawson ( Gerard Butler) a capo del progetto sin dall’inizio ma poi “deposto” a causa del suo carattere testardo e il suo operare a prescindere dalle procedure di ordine burocratico. Chiaramente la situazione di crisi si rivelerà poi essere dovuta a un intrigo internazionale e che vedrà coinvolte figure importanti nei vertici della classe politica USA.
Niente più che un film di ambientazione apocalittica e che pone l'accento (forse proprio sull'onda della situazione geopolitica su rappresentata in breve) sulla necessità della collaborazione internazionale che è del resto l'unica via per affrontare non solo questa tematica, ma tutte quelle dinamiche che oggi hanno creato quello che è un evidente stato di crisi internazionale. La storia è abbastanza piatta e peraltro non sussiste nessuna spiegazione scientifica più o meno credibile sul funzionamento del "Dutch Boy". Magari ci sarebbe un po' di rammarico per lo spreco di qualche star tipo Andy Garcia o soprattutto Ed Harris (ma pure lo stesso Gerard Butler può essere molto più eroico e "cazzuto" di così), anche se il primo in particolare appare essere un po' "scarico" già da qualche anno a questa parte. Peccato.
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