Il lavoro che scaturisce dall'operazione Death in June presents: Kapo! non è da considerare un capitolo ufficiale della discografia dei Death in June: nascendo dalla collaborazione fra Douglas Pearce con il polistrumentista Richard Leviathan, "Kapo!" è un episodio interlocutorio, una parentesi atipica all'interno del percorso artistico della Morte in Giugno.

Interponendosi fra la felice stagione folk degli anni novanta e la brusca svolta post-industriale dei lavori con Albin Julius, "Kapo!" costituisce una sorta di saggio musicale a tema in cui vengono raccolti e sviluppati pensieri e riflessioni riguardo alla delicata situazione che attraversava l'area balcanica nel decennio scorso.

"Kapo!" ci parla di un'Europa frammentata nella sua identità, lacerata da efferate lotte intesine ed impregnata di sangue e disperazione. Nei toni cupi ed amari che lo pervadano, c'è molto anche della condizione di esule di Pearce, recluso nel suo ghetto australiano, cinico ed appassionato osservatore dei rivolgimenti che scuotono l'Europa in quegli anni.

E' il 1996. L'anno precedente era uscito "Rose Clouds of Holocaust": comprensibilmente "Kapo!" paga dazio ad alcune delle sonorità in esso contenute, ma a fini comparativi è più consono tirare in ballo un lavoro come "Heaven Sent", uscito lo stesso anno sotto il monicker Scorpion Wind (progetto di Pearce con Boyd Rice, a cui si unisce lo stesso Leviathan).

Sempre di folk apocalittico si parla, ma in un'accezione diversa da quella con cui Pearce ci aveva fino ad allora abituati. Le atmosfere rimandano di fatto ad un folk arcano e surreale, dove i versi si spalmano sulla ritmica del poema epico anglosassone: la forma canzone viene così abbandonata, e gli intrecci di chitarra acustica ed archi (che costituiscono il corpus sonoro principale dell'album) finiscono per fungere da scarne ambientazioni sullo sfondo delle quali si staglia il cupo recitato di Pearce, a tratti solo un sussurro, mai così minimale come in questo frangente.

Gli otto brani scorrono senza particolari sussulti, si capisce che la dimensione musicale viene relegata a ruolo di semplice palcoscenico per le oscure visioni che emergono dai testi impenetrabili di Pearce e Leviathan.

In questo desolante affresco, svetta senz'altro "Only Europa Knows", a mio parere una delle ballate più affascinanti partorite dalla Morte in Giugno: mai si era sentito un Pearce così freddo ed autorevole, mai delle linee di chitarra così minimali, mai un giro di tastiera così terrificante. E in lontananza: voci, sirene, uno sfocato caos industriale che fa da mera scenografia agli imponenti movimenti di una ballata aerea, ipnotica, inconsistente. Un capolavoro che da solo vale l'acquisto dell'album.

Tutto il resto è noia, cosa probabilmente voluta, dato che l'intera architettura sonora è strettamente funzionale all'apparato concettuale dell'album. Un album comunque scaturito da una reale urgenza comunicativa e che a distanza di anni conserva ancora un fascino tutto suo.

I tristi balletti di viola e violino, le nenie che si perdono nella lontananza e nella nebbia di un'Europa sconvolta, i campanelli e le voci che si accavallano in una dimensione onirica in cui incubo e realtà si confondono: tutto questo concorre ad edificare un allucinato rituale che porta con sé i toni drammatici di una tragedia universale.

I temi del tradimento, della reclusione, dello sradicamento; l'eterna lotta fra fratelli, la violenza e la spietatezza che regnano sovrane lungo il viaggio dell'uomo su questo mondo: a fare la differenza è la "lucida follia" di Pearce, scienziato visionario, isolato nel suo laboratorio perverso, alle prese con tragiche alchimie di sangue e lacrime.

Parlare di album non riuscito, o peggio ancora di calo d'ispirazione, è pertanto fuori luogo: nonostante la prolissità imperante, la tensione e la desolazione che si respirano per tutta la durata dell'opera mozzano letteralmente il fiato.

E pur rimanendo appannaggio dei fan completisti della band, "Kapo!" è un album ancora dignitoso, un capitolo a parte e difficilmente definibile all'interno del viaggio artistico della Morte in Giugno, che con questo lavoro pone la parola fine alla fase creativa del suo periodo più propriamente folk.

Carico i commenti...  con calma