Something Is Coming cattura l'essenza della performance live dei Death in June, consumata nell'antro suggestivo del Jabuka Club di Zagabria, in quel lontano 8.X.92, quando il tempo stesso danzava su un filo di incertezza nei Balcani.
L'album si apre con una carica di emozioni densa e palpabile, distillata in tempi tumultuosi della storia balcanica, un racconto scritto con note che risuonano come echi di un passato che ancora si fa sentire. I Death in June, pionieri del folk apocalittico, lasciano il loro segno indelebile, la prima band britannica a esibirsi in Croazia, in quegli anni segnati dalla guerra genocida.
Il ricavato destinato alla Clinica Bolnicki di Zagabria sottolinea il significato profondo di questo album. La band non solo regala una performance straordinaria, ma offre il proprio contributo tangibile alla causa della riabilitazione di coloro che portavano i segni della guerra, un gesto di solidarietà che si fonde con le note.
Le tracce live, immerse nell'atmosfera del Jabuka Club, trasmettono un'energia intensa, uno spettro di empatia che avvolge il pubblico, una sinergia tra la band e gli spettatori che si cristallizza in un'esperienza quasi tangibile. I Death in June rivelano la loro abilità nel tessere melodie suggestive e testi evocativi.
Nel primo disco possiamo ascoltare i loro brani più noti come "Hullo Angel", "Rocking Horse Night", "Fall Apart", "Heaver Street" (qui in una versione sontuosa), "Break The Black Ice" e "Little Black Angel". Siamo di fronte a una sorta di "best of" dal vivo. Le sonorità, spogliate e scarne rispetto agli arrangiamenti in studio, vedono Douglas P. accompagnato solo dalla sua chitarra acustica e da Simon Norris. Ma la magia, quella che pervadeva la musica di quei giorni, persiste indomita. Douglas P., ispirato e carismatico, regge la scena con un'aura di incanto.
Il secondo disco, con le sessioni in studio, aggiunge un velo intrigante all'esperienza. Rielaborazioni di tracce iconiche come "Runes and Men" e "Fall Apart" aggiungono strati di profondità e significato alle composizioni originali. Una versione quasi a cappella di "Death Is The Martyr Of Beauty" spicca, con Douglas sospeso su un loop gorgogliante e oscuro di synth, trasformando la familiare traccia in qualcosa di nuovo e affascinante.
In conclusione con Something Is Coming i Death in June immortalano un capitolo cruciale della storia croata, donando la propria arte per sostenere la riabilitazione di anime segnate dalla guerra. Un'esperienza uditiva toccante e significativa, oltre la mera esecuzione musicale. Douglas P., oggi figura controversa, si schiera a fianco di Zelenski. Il problema, forse, è che ha smarrito quell'ispirazione musicale che un tempo abbracciava, come si può ascoltare in questo prezioso documento sonoro.
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