Clangori infernali, assalto e tempesta, una tachicardia sconquassa l'anima. Chiuso in una gabbia di acciaio e plastica proiettata ad alta velocità sul catrame, scruto un orizzonte giallognolo e giro la manopola del volume verso destra. La ferocia mi costruisce muraglioni intorno, mi avviluppa. Clangori che sembrano infernali, un crogiolo che il mio cuore - dimentico di tutto ciò - non crede di poter sopportare. Un dolore, come una precognizione di morte per acqua, aghi che flagellano i polmoni, da dentro. Senza ossigeno vago erratico in cerca di una salvezza, mi sento mancare, so di non poter sopportare l'assalto. Pochi secondi di folgorazione e le membra si arrendono, si prostrano alla bestia che sta divorando l'aria intorno.

Eppure, c'era un tempo in cui questo mi consolava. Una gioia atroce, un piacere masochistico che non avrebbe potuto essere più cogente e sincero. Quando l'ossigeno della vita, quella vita che per gli altri è normale, ti brucia nei polmoni come lingue d'inferno, questa tempesta di schegge affilate arriva come un lavacro di salvezza. È la vita, che ha reso necessario tutto questo. È la vita, che reclama una violenza d'arte per esorcizzare la brutalità vera, quella di ogni giorno, le lacrime che sono l'estuario del dolore umano. Una musica che stride di anatemi, voci che eruttano stregonerie. Tutto ciò non è gratuito, non è una divagazione estetica. È l'albero cresciuto abnorme da radici di sofferenza giovanile, fibre di malessere che si sono ingrossate fino a realizzare una fortezza impenetrabile e urticante.

Un grido acuminato innalza pareti intorno, fortifica e cristallizza i nostri cuori in quella torsione disperata. Ognuno ha la sua, non serve entrare nel merito. Animi fragili, traumatizzati, spauriti, trovano consolazione, una dolcezza inspiegabile nelle asperità parossistiche di questo magma massimalista. Un assalto che tempra e ferisce l'epidermide, che strangola e fortifica il pensiero, la capacità di sopportare e capire, uno sforzo che è come esplorare abissi incandescenti, in un'apnea senza tregua.

Avevo bisogno di tutto questo perché non ero felice. Sinfonie dell'inferno come miele per il cuore strangolato da tentacoli di spine. Solo ora, che il veleno è colato via dalle membra, posso comprendere davvero la forma, mostruosa e abbagliante nella sua bellezza, di tutto questo sferragliare. Ora la vedo, perché non ne ho più bisogno.

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