Missouri, zona montuosa: la vita di Ree Dolly non è quella che tutti gli adolescenti vorrebbero avere. Tra alberi scorticati e neri, sotto l'oppressione di un cielo perennemente livido, Ree è costretta dagli eventi, dal susseguirsi della vita, ad accudire suo fratello e sua sorella. La scomparsa del padre, uno spacciatore malvoluto da tutta la comunità, è l'aggravante ulteriore di un'esistenza già di per sè molto complessa. L'appiglio che la giovane Ree cerca è in sua madre, suo malgrado costretta all'impotenza da una depressione cronica.

Il quadro generale del film di Debra Granik è una delle cose più desolanti (pur nella sua semplicità) viste al cinema negli ultimi anni. Tutto scaturisce dall'apparizione di un poliziotto: il padre di Ree ha impegnato casa e terreni nella cauzione e se non si presenterà al processo, la famiglia perderà tutto. La mannaia che la giovane usa per tagliare la legna, ora si abbatte con estrema crudeltà sulla sua testa: sembra non avere via di scampo. Ora l'obiettivo diventa duplice: continuare a crescere da sola i familiari e trovare al più presto suo padre.

Molto spesso un budget minimo e buone idee vuol dire successo e Un gelido inverno (titolo orignale "Winter's bone") ne è uno degli esempi migliori restando agli ultimi anni. Infatti il secondo lavoro di Debra Granik, nome famoso per quanto riguarda il cinema indipendete a stelle e striscie, ha fatto una grande impressione al Sundance Film Festival e agli Indipendent Spirit Awards, vincendo 4 premi anche al Torino Film Festival. La conferma della riuscita della pellicola è poi arrivata con la candidatura (senza vittoria finale) a 4 premi Oscar.

Nella totale semplicità della narrazione di una storia (tratta dall'omonimo romanzo di Daniel Woodrell), il lungometraggio della Granik si infarcisce di significati e sottosignificati strettamente collegati tra loro. Tutto contribuisce a rendere l'idea di un paese dilaniato dalla sua stessa natura: nel film non ci sono giardini curati, parchi per bambini, non c'è nessun elemento di "modernità". Gli interni appaiono scuri quanto le rappresentazioni paesaggistiche, mentre un'atmosfera di sudiciume avvolge con il suo alone ogni sequenza del film. E' questo l'ambiente in cui sguazzano persone senza un briciolo di umanità: ognuno è preoccupato di rimanere a debita distanza da qualunque cosa possa portare a delle situazioni spiacevoli. Un ognuno "pensi a sè" che suona invece come un "tutti silenziosamente contro tutti".

Sono le periferie americane dimenticate da Dio, quelle in cui "l'American Dream" è stato sepolto dalla brutalità e dall'aggressività. Sono i luoghi della non vita, quei luoghi desolanti in cui la droga non è  divertimento ma bensì il mezzo per fuggire soltanto temporaneamente da una realtà di difficoltà e afflizione. Per Ree e la sua famiglia perdere la casa è come perdere il mondo, è l'equivalenza della morte. Il solo modo per continuare a respirare in questo Missouri dal realismo asfissiante è ritrovare la figura paterna, viva o morta che sia. Lei, diciassettenne abituata ai problemi, vuole soltanto continuare a crescere, con il peso dei suoi due fratelli sulle spalle. E' quello, a suo dire, che le garantisce la maturità e la forza di andare avanti. Una consapevolezza che crescerà a dismisura sulle acque leggermente increspate di un lago nero e impenetrabile. Nero come il film di Debra Granik, impenetrabile come quell'alone di pessimismo che sembra dissolversi solo nel finale.

Rimane la potenza di un'opera complessa e viscerale, realista, vera e sentita. Rimangono anche le straordinarie prove attoriali. Jennifer Lawrence è perfetta nel ruolo complicatissimo della giovane Ree (già si era messa in mostra in un ruolo altrettanto difficoltoso nel "The Burning Plain" di Arriaga). Poi c'è la figura rude di Teardrop, una delle pochissime che aiuteranno Ree nella sua ricerca. Esso è interpretato da John Hawkes, in una parte che sembra creata alla perfezione per lui. Violento, sadico e comprensivo quanto basta. Anche la loro prova contribuisce a rendere Un gelido inverno una pellicola assolutamente valida, meno "patinata" di tanti titoli agli ultimi premi Oscar, ma forse degna più degli altri di attenzione.

"Non chiedere quello che ti dovrebbe essere offerto".

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