È sempre la solita storia. Una cometa, ogni mille anni, fa il suo giro e poi scompare. A distanza di qualche lustro però, qualcuno se ne ricorda e lo sfavillio, seppur per breve tempo, si ripete nel firmamento.
Con questa immagine vorrei ricordare il debutto di questo giovanotto irlandese, cantautore sincero, ahimé poco conosciuto ma musicalmente intenso e profondo come il mare di cui scrive e canta ("Marrying the Sea"). Declan O'Rourke potrebbe essere associato, data la sua non originalissima proposta musicale, a qualsiasi altro cantastorie della sua età e finire rapidamente nel limbo del già sentito/già visto. Se non fosse per un fattore che fa la differenza: è irlandese.
In anni di ascolti ho maturato la convinzione che vi sia un denominatore comune a tutti i "folker" irlandesi. Si tratta del loro particolare rapporto con la voce. Penso a Van Morrison certo, ma anche Damien Dempsey, la stessa Sinead O'Connor, Chrysty Moore, Mary Black e quel Bono dell'inizio inizio (perché oggi, diciamocelo, sono più irlandese io di lui). Non so se sia un fattore genetico o cos'altro ma le persone che ho citato, ed a cui si aggiunge anche Declan, cantano non per far uscire la voce. Essi cantano per permettere che questa li attraversi. Nella musica di Declan si avverte in maniera palpabile come il corpo non sia l'origine del suono bensì un mero "corridoio", un anfratto con un ingresso ed un'uscita. Così come il vento turbina fra le case e si sfoga in un lungo sibilo, allo stesso modo l'Irlanda con le sue correnti trapassa le armoniche del primo ragazzo di strada e lo fa suonare. A Declan non serve altro che buttare giù testi dal forte impatto lirico ed accompagnare la voce con fragili ma sicuri accordi di chitarra. Non c'è mai la necessità di tenere il suono dentro, di contenerlo, di elaborarlo troppo. Il fluire non deve essere mai interrotto perché è ancestrale, è spirituale. Traccia le sue origini nel Sean nos. È per questo motivo che amo particolarmente questo tipo di vocalità: aperta, ariosa, avvolgente.
"Since Kyabram" (2006) è un disco che, abbracciandoti con tenerezza, prima ti fa volare fra le stelle ("Galileo"), poi ti porta giù nel fondo del mare ("We didn't mean to go to sea") infine ti dice che è giusto stare dove si è ("No place to hide") ad aspettare che la voce passi.
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