E’come se la vostra musica si trovasse al settimo piano, mentre il pubblico è al pian terreno.., dovreste scendere almeno di qualche piano”: questa la risposta che una nota casa discografica torinese diede ai Dedalus dopo un’audizione nel 1973, in un panorama musicale italiano che, pur vantando nella sua policromia una buona fetta di pubblico ormai al di là del mainstream, ancora non aveva abituato gli ascoltatori a sonorità così “estreme”.

Per sorte o merito, poi, dopo il Festival di Avanguardia e Nuove Tendenze di Napoli del quale i torinesi Dedalus furono la rivelazione, diverse major offrirono un contratto al gruppo, il quale tuttavia optò per una nuova etichetta milanese che pareva garantisse maggiore libertà di espressione, la Trident; l’LP omonimo vide la luce nell’inverno del 1973.

Questo il quando, ma il quando non avrebbe senso di esistere per una musica che varca le barriere del tempo (e non è una metafora), per una miscela di jazz-rock di tale originalità e fluidità esecutiva, per un disco così coraggioso che, nonostante la giovane età dei musicisti, rimane uno dei capitoli più riusciti di certa avanguardia italiana. E’ incredibile constatare quanto, ancor più delle sortite solistiche, denoti maturità l’ammirevole affiatamento di questi cinque ragazzi, mentre si adagiano su quella mitologica morbidezza canterburiana o mentre duellano a colpi di chitarre, tamburi e sax in un caos bellico da Mahavishnu Orchestra, oppure mentre assorti rievocano l’imprescindibile Miles Davis, le cui note già fluivano rigorosamente da una vecchia finestra di solaio che dava sul Lingotto.

In tutte le cinque tracce è evidente e sostanzioso un perfetto amalgama di calore, di precisione, di tonalità, in un travolgente suono che ora si imbeve di sangue jazzistico ora ci schizza barlumi elettronici, aprendosi gaio ed estroverso sull’onda di un sax coltraniano o rifugiandosi schivo in qualche tana minimalista di rileyana memoria.

E si potrebbe ancora parlare di un pianoforte e un violoncello che salgono a braccetto le scale dell’anima, ma ora è giunto il tempo di tacere, per far scivolare questa musica sul silenzio..

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