Siamo agli inizi del 1976 e cioè alle battute finali del tour di "Come Taste the Band"; ma il passaggio di Bolin nei Deep Purple - quella che passerà alla storia come la MK IV - ha lasciato i suoi buoni frutti anche in sede live, oltre che in studio con il fantastico "Come Taste the Band" appunto.

Certo, non è facile competere con alcuni live precedenti a questo soltanto di una manciata di mesi o al massimo di pochissimi anni -  si pensi al Live in London o al Live in Paris -, in cui la ciccia della MK III - Lord, Paice, Hughes, Coverdale - era in splendida forma; ma è un live che si difende bene e, soprattutto, si difende bene a dispetto di una mancanza fondamentale, cioè quella di Sua Maestà Ritchie Blackmore ormai lanciato in una nuova avventura altrettanto leggendaria. Tommy Bolin era un chitarrista che sapeva il fatto suo, e "Come Taste the Band" ne è la prova infatti; ma mettendolo a confronto con delle creature blackmoreiane per eccellenza, come "Burn" ad esempio tratta dal primo cd, il risultato rischia di evolversi in uno scimmiottare del tutto fuoriluogo, cosa che non meritano nè Blackmore nè tantomeno Bolin, capace di ottime cose nel suo territorio.

Il territorio di Tommy è fatto di una avvincente "Lady Luck", in cui anche l'anima Soul di Coverdale cavalca il discorso in maniera impeccabile. Il Funky spruzzato di Hard di "Gettin' Tighter" cala nella loro dimensione preferita due ispiratissimi Hughes e Bolin, oltre che un vecchio leone camaleontico come Lord. "Love Child" riesce a catturare un accattivante groove in cui le varie sensibilità dei Nostri secondo me raggiungono l'apice: un sound misto settantiano da far paura! "Smoke on the Water" riesce in qualche modo a non uscire in modo traumatico dalla chitarra di Bolin, come la precedente "Burn"; anche se i fasti di Made in Japan e delle riproposizioni avvincenti dei primi anni '90 del classico dei classici porpora, sono lontani. Alla fine del pezzo, un vecchio ruffiano della musica nera come Hughes non si lascia sfuggire di certo l'occasione di dare vita assieme alla band ad un delizioso acceno di "Georgia on My Mind".

I riff di "Lazy" fungono da traino per una serie di libertà da parte di Lord, Paice e Bolin; e se permettete, questi sono i territori di Paice e Lord. Il secondo cd arriva con una intensa "This Time Around", uno dei pezzo storici tratti da "Come Taste the Band", in cui Hughes riesce a mandare alle stelle la sua ugola, e con lei tutto il discorso Hard Progressive della seconda parte del pezzo. "Stormbringer" mette sul piatto energia e classe, in cui un brillante Bolin si esalta alla stragrande. La paternità "concettuale" del pezzo non è una esclusiva di Blackmore, e questo secondo me giova a Tommy, che regala anche un solo a conclusione del pezzo.

Giunti al capolinea, arriva una dignitosa "Highway Star" la quale, pur suonata e cantata da gente fenomenale, senza il supporto del gatto e del topo non rende bene una filosofia sonora come quella della MK II. La festa si conclude con quattro signore bonus tracks tratte dal concerto di Springfield del mese prima - questo era a Long Beach nel Febbraio '76 -: "Going Down", "Highway Star" - che alla fine risulta più riuscita della versione precedente, secondo me -, "Smoke on the Water" - anch'essa riuscita meglio a Springfield che non a Long Beach -, e nuovamente "Georgia on My Mind".

Girava come bootleg con il nome di "On the Wings of a Russian Foxbat". In seguito quelli della King Biscuit ripresero i masters e ne fecero la versione ufficiale, conosciuta anche con il nome semplice di "In Concert", da non confonde con quello della MK II però. Il giocattolo si romperà presto, Tommy abbandonerà questo mondo, il serpente striscerà, e tra le varie rivoluzioni in seno alla family porpora, il discorso si riprenderà nel 1984... Ma è un'altra (fantastica) storia...

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