Ci sono video che, in adolescenza, ti aprono gli orizzonti e il cuore. Ebbene, a me questo è capitato con “Hysteria” dei Def Leppard. Le noti affascinanti e romantiche della canzone facevano da contorno ad un filmato struggente ed emozionante, in cui il picco lo si raggiungeva nella parte dell’assolo e nella tenera ballata degli amanti. L’ascolto e la visione di quel clip mi pervasero di una sensazione di malinconia e di sapore intenso che mai la musica era riuscita a provocarmi. Sensazioni che, per l’età che avevo, mi aiutarono a crescere.

I Def Leppard erano la band arena per eccellenza negli anni 80, soprattutto grazie al successo conseguito sia in Europa che negli States (cosa questa abbastanza inusuale per una band hard rock europea) di albums come “Pyromania” e, appunto, “Hysteria”. Una band che, tuttavia, ha dovuto pagare un prezzo alto con la sorte per meritarsi quella notorietà.
Dopo essersi lentamente ripresi per l’incidente d’auto che colpì il batterista Rick Allen, grazie anche alla creazione di una apposita batteria che gli consentì di suonare anche senza il braccio destro, i Leppard dovettero fare i conti con la morte del chitarrista Steve Clark, dovuta ai soliti alcolici e le solite droghe che, purtroppo, tante vite hanno spezzato nel mondo musicale. Ma nonostante ciò, la band ha continuato ugualmente nella sua avventura, anche se dal 1991 (anno della morte di Clark) ne è conseguita una parabola discendente quasi alla stessa velocità di quella che li aveva portati alla conoscenza del grande pubblico nella decade precedente. Ma, a mio parere, i Def Leppard non meritano di sostare nell’oblio in cui versano ormai da qualche tempo (e nonostante la partecipazione come co-headliner al recente Gods of Metal insieme ai Whitesnake).
Non un gruppo che mi seppe dare quelle emozioni.

L’album che vi propongo è “High ‘n’ Dry”, ossia quello immediatamente precedente a quelli che li consacrarono nel gotha del rock e nella musica in generale, e quello più rocckettaro. E’ da premettere che i Leppard si sono sempre tenuti lontani dalle mode glam del periodo ed hanno sempre suonato un rock diretto e senza fronzoli di chiara ispirazione Ac/dc, con profonde venature melodiche.
Rock che emerge potente dai riffs dell’opener “Let It Go”; dalla veloce “Another Hit and Run”, in cui gli acuti di Joe Elliot, di solito morbidi anche nei passaggi più hard rock, si fanno più rabbiosi e corposi; dal sesso, droga e rock e roll di “High ‘n’ Dry”; dal fine romanticismo della stupenda ballata “Bringin’ on The Heartbreak”; dalla strumentale very heavy di “Switch 625”; e, in generale, dalla cadenza e dal ritmo coinvolgente di rock songs quali “You Got Me Runnin’”, “Lady Strange” e “On Throught The Night”.

L’apice dell’album è, a mio avviso, da ricercare in “Mirror mirror”, dai cori trascinanti e dal testo introspettivo. In conclusione, 4 è il voto che dò all’album ma, per i ricordi e le sensazioni suscitatemi in passato, è 5 il voto che merita il Leopardo Sordo.

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