(Premessa fondamentale. Tutti gli accadimenti di seguito riportati sono autentici. Buona lettura).
Non mi chiedete perché, ma il mondo di noi metallari è costruito come una specie di videogioco del Commodore 64. C’è il primo livello, il secondo e via via fino ad arrivare al mostro finale.
Ogni metallaro ha un tot di energia, e ad ogni livello te ne va via un po’, e devi stare attento perché se finisci l’energia il gioco finisce e rischi di ritrovarti truzzettaro. Io una volta ho quasi rischiato di morire, già avevo poca energia, poi un metallaro svedese mi rompe 3 denti con il piede di porco e torno a casa che la lancetta segna rosso.
Ma tutto è bene quel che finisce bene, e come ogni metallaro che si rispetti sono arrivato al mostro.
Il mostro si chiama “Deicide”, e la battaglia finale si svolge al “Mean Fiddler” di Charing Cross, a Londra.
Come ci sia finito qui lo sa Dio. Mi faccio forza, ho paura, ma devo farcela. Domani potrò guardare il mio amico Tommaso diritto negli occhi. Il mio amico Tommaso ha già superato il mostro, lui è già cintura nera metal.
Arrivo alle 20, Jack il brasiliano (un brasiliano di nome Jack, mah) mi dice che qui i concerti iniziano tutti a quest’ora.
Il Mean Fiddler dall’esterno sembra la cantina della buonanima del nonno, però dentro è diverso, c’è spazio per un casino di metallari e metallare. Davanti a me, in fila, una decina di tipi spaventosi, tutti il doppio di me se non il triplo. Guardo Jack, e penso a Dostoevskij che una volta mi disse: “Se ce la fai, resisti, se non ce la fai, tieni duro”. Ma io ho paura, sto per cedere. Poi, dietro alla faccia di Dostoevkij che mi sta parlando, ecco che spunta il mio amico Tommaso. Con in mano il piede di porco del metallaro svedese stende il russo. Poi mi fa: “Non avere paura, amico: meglio un pisello piccolo ma sveglio che uno grande ma rincoglionito”. Il mio amico Tommaso è troppo avanti.
Entro. Un gruppo di nome “Akercocke” ha già suonato, cambiano gli strumenti. Il locale è proprio grande, ci stanno migliaia di metallari, qui. Un tipo grande come una montagna mi guarda e stringendo il pisello quasi a stritolarlo sibila qualcosa come “ghhh ghhh” e io penso: conoscerà Tommaso. Poi lo rifà e io mi dico: avrà pensato ch’io sia gay, ma siccome non lo sono non posso fare niente per lui. Per un attimo vorrei dirgli che mi sembra un racconto di Bukoswki, che sono felice, ma lo guardo e nutro seri dubbi che gli interessi Bukowski.
Sale la band sul palco. Il tipo che canta prende il microfono e ci manda tutti a prendercelo nel culo immediatamente. Qualcuno esulta, io apprezzo la sua onestà. Poi sembra che mi guardi e mi urla qualcosa tipo “cazzo c’hai da guardare, figlio di puttana” il che sinceramente poteva anche essere letto al plurale in lingua inglese, ma io opto per la soluzione piú brutal e lo mando a fanculo con uguale onestà.
A questo punto tutti esultano e io mi sento una rockstar. Pure il tipo che canta esulta. Poi manda a fare in culo tutti per altri 3-4 minuti, debitamente corrisposto, e quindi–grazie al cielo–può finalmente inziare 'sto concerto tanto agognato.
“Questa è Fuck your God, bastards!!!” e partono impetuosi tutti e quattro. Un inferno, la forza malefica si impossessa del Mean Fiddler e di me. Qui i metallari non scherzano, partono cazzotti ad ogni assolo devastante. Il tipo che canta suona il basso e pare picchiare le quattro corde con una clava. La voce è cosí cupa e bassa che sembra un rantolo. Quando termina ci dice che partirà “Scars of the Crucifix” che è praticamente identica a “Fuck your Gods”, solo che dura di meno e il secondo chitarrista (quello rasato) aumenta ancora di piú il distorsore. Suoneranno per un’altra ora abbondante, sempre con lo stesso ritmo, stesso suono di chitarre e stesso basso martellante. Malefico e devastante. Sento forza bruta che si impossessa del mio spirito diabolico. Afferrare i testi è impossibile, non si capisce niente.
Io combatto il mostro con tutte le mie forze, mi guardo in giro con la lancetta dell’energia in rosso, cerco Jack ma Jack è sommerso tra milioni di chiome fluenti e borchie rotanti. Penso solo che sto per diventare cintura nera metal.
È finita, ho vinto.
Esco. Ritrovo anche Jack. Lui mi guarda e io capisco che anche lui ha vinto, Jack è una cintura nera brasiliana metal. “Cazzo è finito troppo presto, sti stronzi 12 sterline hanno suonato un'ora”.
Andiamo a casa, ma non può finire cosí. Prendiamo il Commodore 64 di Khaled il tunisino (l'unico essere ad avere un nome che ti aspetti) e ci facciamo un paio di partite, e ci sembra di essere ancora lí.
Domani quando mi sveglio sarò un metallaro diverso, e il mondo mi apparirà diverso.
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