E' possibile scrivere una recensione sui Deicide senza insultare Glen Benton? Difficile, ma ci provo comunque. Anche perchè in questi ultimi giorni di quarantena mi sono buttato su vari disch e gruppi emblemi del Death Metal, Morbid Angel, Suffocation, Death, Immolation. Complice la mancanza di prodotti per dolci nei supermercati che mi hanno evitato un futuro da influencer pasticciere e un possibile forno bruciato, la musica è stata decisamente un'ancora di salvezza.
Ho nominato Glen Benton però, e cosa lo accomuna ai gruppi che ho citato poco fa? Dei dischi che hanno segnato la storia di un genere, come l'omonimo "Deicide", "Legion", e "Once Upon The Cross". Cosa non lo accomuna? Un carattere non proprio dei più amichevoli, senza peli sulla lingua, e un attitudine fermamente convinta a suonare ciò che suona da 30 anni, disco riuscito e disco no. Carattere che lo ha portato a farsi odiare da ascoltatori del Death e non, una mancata promessa di suicidio a 33 anni per onorare la morte di Cristo sono bastati a farlo detestare da gran parte della gente, classificandolo come pagliaccio. Onestamente però, ho quasi sempre cercato di scindere la musica dalle convinizioni e pensieri, se vogliamo molto provocatori di un artista, concentrandomi solo e unicamente sui dischi. E da quel punto di vista, i lavori che i Deicide hanno pubblicato fra il 1990 e il 1997, sono assolutamente capolavori, chi più e chi meno, grazie sopratutto all'apporto dei fratelli Hoffmann.
Dopo un periodo d'oro però, come per ogni gruppo arrivano dei dischi non proprio all'altezza di quelli che li avevano preceduti. "Insineratehymn" e "In Torment In Hell" del 2000 e 2001 regalano una forte delusione, album che però si alternano con "Scars of The Crucifix" e "The Stench Of Redemption", decisamente più validi. I dischi successivi, pur non facendo gridare al miracolo, mostrano comunque che i Deicide perlomeno non perdono la loro strada, e non si imbattono in sperimentazioni tremende come un certo "Illud Divinum Insanus".
Si arriva quindi al 2018 con "Overtures Of Blasphemy", che arriva a cinque anni dal precedente "In The Minds Of Evil", album che aveva fatto notare una leggera accentuazione delle melodie, e che con il disco qui recensito si sviluppano ancora di più, senza però perdere l'energia che ha sempre contraddistinto i Deicide. Tralasciando una copertina che onestamente non ho mai capito il significato, ma che al contrario da un punto di vista dell'impatto mi è sempre piaciuta, Benton e Asheim riescono a comporre un disco sì abbastanza eterogeneo, ma che magari pecca nel ripetere un po' troppo le stesse formule.
La prime metà del disco riesce a unire linee melodiche con il sound tipico del gruppo, con pezzi come "Compliments Of Christ", o "One With Satan", dove il growl di Benton la fa da padrone. Growl che però in alcuni momenti è anche sintomo di noia come in "Annointed With Blood" dove riff già sentiti e una prestazione vocale tremendamente monocorde non fanno salire la qualità musicale, e lo stesso discorso si ritrova anche in "Defying The Sacred". Si parlava di melodia, ed ecco che "Seal The Tomb Below" riesce ad essere un ottimo sunto della carriera dei Deicide negli ultimi anni, e allo stesso modo riesce anche a sorprendere "Flesh, Power, Dominion". E con "Excommunicated" si riesce ad avere ancora una visione, o ascolto a tutto tondo di quello che i Deicide sono nel 2018, con un riff che personalmente mi ha ricordato molto gli Slayer. Pecca invece una produzione che seppur riesca a far emergere tutti i componenti allo stesso modo, penalizza una batteria messa in secondo piano.
Si può quindi parlare di capolavoro? Assolutamente no. Penso però, come detto ad inizio recensione, che quasi ogni gruppo abbia un periodo di massima ispirazione, come il contrario, e che quello che venga dopo anni di carriera sia gran parte mestiere, che allo stesso modo può ancora avere un'impronta del (bel) passato. Impossibile quindi chiedere a Benton un "Legion" parte seconda, ma resto comunque convinto che "Overtures Of Blasphemy" sia un disco che potrebbe far passare una quarantina di minuti scarsi piacevolmente, seppur alcune idee troppo riciclate che però non vanno ad intaccare tutto l'album. Ritiro ancora non necessario diciamo, se la qualità a grandi linee rimane questa.
Carico i commenti... con calma