I Demigod sono una semi sconosciuta band finnica, attiva fin dai primi anni novanta e autori di una delle più basse e meschine delazioni mai verificatesi in ambito Death Metal; con il loro secondo album (che per quanto ne so è anche l’ultimo) hanno infatti svoltato verso il Gothic.

E so già che a questo punto tanti amanti del Death avranno letto abbastanza da portare il loro cursore sulla scritta “Home” in alto a sinistra, decisi a passare oltre: e invece vi esorto a soffermarvi perché in questa recensione tratterò del loro esordio datato 1992, un lavoro assolutamente sconcertante, dedicato ad un pubblico tutt’altro che ampio.

Come già specificato, questo disco propone un Death metal con alcune commistioni Doom di rara pesantezza e oscurità; perciò accanto a tempi più sostenuti, si trovano numerosi rallentamenti mai troppo prolungati o monolitici. Se dovessi citare gruppi di riferimento, non potrei fare a meno di richiamare alla mente gli americani Immolation e gli Incantation ma considerando che "Slumber Of Sullen Eyes”, così come gli esordi dei gruppi suddetti, risale ai primi anni novanta, non me la sento di parlare di “influenze” vere e proprie. Anzi, volendo esagerare, potrei dire che sono stati i Demigod stessi ad influenzare altri gruppi, e in particolare mi riferisco a tutta la stirpe di Death est europeo (Trauma, Decapitated, Mutilation etc): questa progenie, nata nella seconda metà della decade scorsa, unisce l’immediatezza del Thrash con la violenza del Death e suggella il tutto con aperture “quasi melodiche” che i Demigod dimostrano di avere intuito già tempo prima. Altre influenze sensibili sono quelle del primo Death floridiano (soprattutto primi Deicide e primi Morbid Angel), ma si può dire che gli spunti ripresi da questi due gruppi rappresentino gli episodi meno riusciti dell’album.

I pezzi riusciti meglio sono quelli più personali, dove meglio riesce ad emergere tutta la malefica tristezza di cui questo quintetto è capace. Nonostante questo fosse la loro prima release, “Slumber Of Sullen Eyes” ci pone davanti una band già adulta, in grado di scrivere canzoni estremamente strutturate e ricche di cambi di tempo. Il livello tecnico si colloca su livelli medio alti, del tutto simili a quelli delle band sopraccitate: si ascolta quindi un buon lavoro di batteria, preciso ma non originalissimo e due chitarristi che eseguono buoni riff e buoni assoli. Il cantante si dimostra all’altezza degli altri suoi compagni e sfoggia un growling parecchio profondo. Come sempre il basso resta quasi inaudibile perciò non posso esprimere un giudizio. Posso invece esprimerne uno sulla produzione, tipica dei lavori di quel periodo, cioè molto filtrata e claustrofobica ma non tanto da rendere i suoni pastosi: insomma una produzione adeguata a questo lavoro. Inseriti nel contesto e bene amalgamati con il resto, ci sono brevissimi arrangiamenti eseguiti alle tastiere, un uso molto intelligente e discreto di questo strumento (almeno in un genere come questo): non vorrei essere frainteso, questo album di melodia ne ha veramente poca e i radi passaggi eseguiti con le keyboard sono solo in funzione del mood, vero asso nella manica dei finlandesi.

Raramente ho sentito un lavoro tanto negativo ed emozionalmente violento, tenebroso e annichilente: ogni singola nota, ogni singolo passaggio, divora un pezzo di luce fino a lasciare il più o meno consenziente ascoltatore nel buio più totale. Se da un lato sono pochi i gruppi che abbiano saputo essere padri di tali atmosfere (Suffocation, Skinless), certamente nessuno è riuscito ad esprimerle in maniera così diretta; il sound di questo Lp si presenta nel suo inequivocabile significato, senza bisogno di ulteriori decifrazioni e senza prestarsi ad interpretazioni soggettive. Morte, nichilismo e poi ancora morte è ciò che si respira dal primo all’ ultimo secondo di questo disco. Detto ciò, a nulla servirebbe aggiungere che perfino i Death metaller più incalliti potrebbero considerare questo lavoro autenticamente inquietante. “Slumber Of Sullen Eyes”, infatti, si presenta come un lavoro dal difficile approccio, gradevole soltanto presso gli amanti di un sound appartenente ad una generazione passata o presso gli amanti dei sound più angoscianti.

Insomma, una leccornia per vetero metallari o per pazzi, priva di un seguito che da un lato ne rinnovi la carica negativa e che dall’altro ne contamini la pura oscurità.

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