Già. E' proprio vero quello che diceva un famoso detto: l'amore non è bello se non è litigarello.
Litigarello è il classico rapporto tra uomo e donna. Prima innamorati, poi estasiati, travolti da un'irrefrenabile passione. E, inaspettatamente, poco a poco diventano furiosi, nervosi, irati, insaziabilmente vendicativi verso sè stessi. Salvo poi ritornare alla felicità iniziale, ancora più innamorati ed estasiati di prima.
Litigarello è Giuseppe Peveri, in arte Dente, esponente della corrente post-cantautoriale nata nel corso degli ultimi due decenni, assieme a Gianmaria Testa, Vinicio Capossela, Paolo Benvegnù, Moltheni ed altri. E, come fa Capossela con Waits, o Benvegnù, a volte, con Dalla, Dente non fa a meno di ispirarsi a Lucio Battisti, nel suo declamare un sentimento come l'amore. Riadattandolo a suo modo, ma pur sempre ispirandosi a lui.
E litigarella è la fantomatica figura a cui il cantante sembra rivolgersi. A volte molteplice, a volte unica. A volte vera, a volte illusione ("Questa donna non è una donna, questa donna è un miracolo..."), che si chiami Irene o meno. Sperando che questa donna possa essere la controparte femminile di Peveri ("A me piace lei, e lei piace a me. E vorrei che mi vedesse, che la pensasse esattamente come me."), mentre quest'ultimo da una parte la osserva sfiducioso ("Faccio la cazzata più grande che ci sia: mi fido di te", "Sapessi il male che mi hai fatto quando mi hai cacciato a calci in faccia da una vita che pensavo fosse solamente mia..."), e dall'altra guarda in faccia la realtà con un velo di malinconia ("Quest'anno i fiori muoiono a primavera, io mi ero già immaginato la scena"). Eppure tra lei stessa e Dente c'è qualcosa in comune, una relazione che uscirà fuori solo alla fine ("A nido d'ape o a lisca di pesce facciamo una casetta tutta come ci va mettiamo il letto sul pavimento, che al mal di schiena ci pensiamo nell'aldilà..."). Anche questo è amore, direbbe Roberto Vecchioni.
Un amore tra universi tesi, il cui modo d'essere porta ad un ottimo equilibrio: quello di un album sospeso tra dubbi e certezze, sapori e dissapori, segreti e bugie, sonorità ricollegabili proprio al Battisti di "Anima Latina" ("La Presunta Santità Di Irene" potrebbe essere la sua "Abbracciala, Abbracciali, Abbracciati") o di "Una Donna Per Amico" (la melancolica ritmica di "Sole", molto alla "Prendila Così"), malinconiche atmosfere quasi bossa nova ("Incubo"), strambi cori in coda destinati a quella lei difficile da scordare ("Buon Appetito"), ninne nanne per solo pianoforte ("Parlando Di Lei A Te"), momenti allegri e quasi movimentati ("Quel Mazzolino"), e quant'altro.
Questa è la ricetta. Molti suoni acustici, un po' di fiati, poca elettronica.
Poche cose, ma buone. L'amore di cui parla Dente è bello, e anche litigarello. Altrimenti non sarebbe amore.
Carico i commenti... con calma