"101" non è solo l'ultimo disco degli anni '80 dei Depeche Mode. "101" chiude un'intera parte della carriera dei Depeche Mode.

La scalata al successo planetario, partita nel lontano 1981 con il simpatico elettro-pop di "Just Can't Get Enough" era avvenuta nella maniera più graduale possibile, tra una critica che li lodava alla stessa velocità con cui li distruggeva, e con un grumolo di fan, fedelissimi, che cresceva a poco a poco. Nel 1987, con "Music for the Masses", la band riesce finalmente a sfondare oltreoceano conquistando anche gli Stati Uniti d'America. Partono così anche i "Concerts for the Masses". Questo disco rappresenta l'istantanea dell'ultima data di questo tour, quella del 18 Giugno del 1988, al Rose Bowl di Pasadena, California.

C'erano settantamila persone quella sera. Forse non era la prima volta che la band vedeva tutta quella gente insieme, ma di sicuro era la prima volta che i Depeche Mode vedevano tutta quella gente li per loro, solo per loro. I ragazzi sono impressionati. I dubbi prima di salire sul palco, l'impianto di amplificazione capriccioso, Dave Gahan che non sa se dire "Buonasera a tutti" o non dire proprio niente e i "quasi quasi ce ne andiamo" sussurrati a bassa voce: la serata è già un disastro ancora prima di cominciare.  L'attesa, apocalittica, è congestionata tutta sulle note altrettanto minacciose dell'intro, "Pimpf". E poi con "Behind the Wheel" inizia, e tutto, magicamente sparisce. La fotografia è quella di una band inarrestabile, che non sbaglia una virgola e che dona tutta sè stessa alla gente che quella sera era venuta a vederli. La paura se ne va, e lascia spazio alla gioia e allo stupore.

"Stripped" su tutte è un capolavoro di forza e carisma, mentre la bellezza serafica di "Somebody", cantata da Martin Gore con Alan Wilder al piano, è una cosa sconvolgente. Momenti euforici si alternano ad altri più calmi e riflessivi. Il tutto si conclude con "Everything Counts": gli strumenti piano piano diminuiscono il loro rumore e si preparano a calare il sipario, ma il pubblico non ne ha ancora abbastanza e decide che non può finire, non ancora. Tutti, nessuno escluso, iniziano a cantare il ritornello, e l'evento si conclude in un boato assordante che finisce in euforia generale, appena ci si è resi conto di cosa la band, e anche, soprattutto il pubblico, quella sera erano riusciti a fare.

Un bel modo di percepire l'importanza di questo concerto è sentire proprio le parole di uno dei protagonisti. Riporto a tal proposito un passo del libro "Stripped", quando a Dave Gahan viene chiesto se ci sia un'immagine particolare che per lui rappresenti tutta la sua storia coi DM lui risponde :

"Per me è stata quell'immagine del Rose Bowl. Ad un certo punto, durante la canzone "Never Let Me Down Again", saltai su uno dei montanti  e vidi un paio di persone fra il pubblico che agitavano le braccia in aria, iniziai a farlo anch'io, e all'improvviso c'erano settantamila persone che facevano la stessa cosa! Ero sopraffatto, sentivo qualcosa tipo le lacrime dentro di me, e il sudore mi scendeva dalla faccia, ma quella era gioia pura! Una sensazione tipo, "Non può andare meglio di così!". È stato meraviglioso, il ragazzo di Basildon ce l'aveva fatta..."

E ce l'avevano fatta anche Martin, Alan e Andy. I Depeche Mode ce l'avevano fatta. Perché "101" non è solo un concerto. "101" è la summa di un intero decennio di sforzi, di cadute e di successi. Se amate questo gruppo, questo disco non può mancare per nessuna ragione nella vostra collezione di dischi.

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