Premessa
Quarta recensione. E' uguale.
Recensione
Autore: Depeche Mode (Dave Gahan, Martin Lee Gore, Andrew Fletcher, Alan Wilder).
Anno, data di pubblicazione: 1986, 31 Marzo.
Produttori: Depeche Mode (principalmente Alan Wilder), Gareth Jones, Daniel Miller.
Etichetta: Mute (UK), Sire (USA).
Track list:
- "Black Celebration"
- "Fly On The Windscreen (Final)"
- "A Question Of Lust"
- "Sometimes"
- "It Doesn't Matter Two"
- "A Question Of Time"
- "Stripped"
- "Here Is The House"
- "World Full Of Nothing"
- "Dressed In Black"
- "New Dress"
Durata complessiva: 45' 27''.
Se un giorno dovessi fare un resoconto dei miei gruppi preferiti, loro, i Depeche Mode, ci sarebbero e sarebbero anche particolarmente in alto, sul podio per capirci. Per questo mi risulterà alquanto difficile essere obbiettivo, ma ce la metterò tutta. Nello specifico ritengo Black Celebration il loro capolavoro assoluto, nonchè il mio album preferito del quartetto inglese. Sarà dura.
Dunque è il 1986, i Mode sono al loro quarto lavoro. "Speak & Spell" (1981), disco d'esordio (con Vince Clarke, che poi fonderà gli "Yazoo", al posto di Alan Wilder), porta la loro musica in moltissime discoteche del mondo. Disco adolescenziale, puro e semplice elettropop usa e getta (anche se molto raffinato). Con l'addio di Clarke e l'arrivo di Wilder (ottimo polistrumentista e compositore) le cose cambiano, e verrebbe da dire, in meglio. Infatti i successivi "A Broken Frame" (1982) e "Construction Time Again" (1983), sono caratterizzati da un cambio notevole delle sonorità che si fanno più cupe e mature; questo perchè con l'andata di Clarke la composizione passa, quasi totalmente, nelle mani di Martin Gore che da qui in poi diverrà il compositore principale, se non l'unico, del gruppo. Scrive testi e musica. L'evoluzione della musica dei Depeche Mode è l'evoluzione dell'uomo Gore. Ciò segnerà su due fronti la vita del gruppo. Da un verso abbiamo, appunto, una evoluzione stilistica del gruppo verso sonorità più manifestatamente Dark, da un verso abbiamo un Gahan sempre più frustrato nel dover cantare testi scritti da altri; la sua frustrazione (alimentata anche da altri fattori) culminerà nel tentato, ma in parte riuscito, suicidio (infatti il frontman verrà dichiarato morto per circa due minuti) del 1997.
Veniamo quindi al disco in questione. "Black Celebration" è un'incredibile contenitore di grande musica, nessuna traccia sembra poter fare a meno dell'altra, sono tutte e perfettamente costruite tra loro ed è questo a mio avviso il punto forte dell'album. Non ci sono riempitivi, non ci sono composizioni oggettivamente migliori di altre (certo, soggettivamente tutto è plausibile), è l'insieme delle canzoni che ne costituisce la grandezza. Potremmo anzi dire che, in generale, la caratteristica principale di ogni album dei Depeche Mode è proprio questa, basta prenderne altri per rendersene conto, "Violator" su tutti. Un gruppo da hit, che però fa di ogni album un concentrato di hit. Ogni traccia è composta e registrata con la medesima perizia, "Black Celebration" è obbiettivamente un grandissimo album.
Passiamo al discutibile "track by track" ricordando che tutte le tracce (musiche e testi) sono state composte da Martin Lee Gore.
"Black Celebration" [4:57]. E' l'inno dark dei Depeche Mode. Introdotta da gemiti mefistofelici e da un motivo di tastiera che farà da sfondo a tutto il brano, i synth reggono un testo all'insegna del pessimismo totale. Sembra il "black sabbath" di Ozzy Osbourne. Gahan cambia radicalmente il timbro, che si fà molto più basso; un canto che riempe ogni varco di luce, disperato. L'aria che si respira è densa, resa così da campionamenti di basso corposi; le tastiere eteree disegnano il paradiso che Gore vede negli occhi della donna: "Your optimistic eyes/Seem like paradise/To someone like/Me". L'album comincia così all'insegna di un pessimismo totale che la successiva traccia non tende a stemperare.
"Fly On The Windscreen" [5:19]. Prosegue senza interruzione di musica (come avevamo detto prima: il tutto è molto coeso). Gahan declama: "Death is everywhere", non è uno scherzo "There are files on the windscreen" (trad. Ci sono mosche sul parabrezza), "There are lambs for the slaughter" (trad. Ci sono agnelli per il macellaio). Il testo è opprimente, degno prosieguo di "Black Celebration". Ovviamente come in quasi tutti i testi dei Mode è presente la tematica dell'amore, talvolta (come in questo caso) vista come evasione da questo mondo, talvolta invece come causa del pessimismo. Sulla parte compositiva c'è poco da dire, essenzialmente tende ad accompagnare il testo richiamando (perfettamente) il senso di amarezza profondo; non possiamo certo pretendere (e non dovremmo) fughe progressive. Ma ciò non significa che il risultato sia peggiore, anzi, dal mio punto di vista la loro musica (così com'è) riesce a trasmettere tutto quello che deve.
"A Question Of Lust" [4:23]. Anche qui si riprende da dove ci si era lasciati, senza interruzione. Nell'intro suona un sintetizzatore, un pò alla "Faust" ("Why Don't You Eat A Carrots?"). Bellissima traccia, sicuramente più "spensierata" delle precedenti. Le mosche sul parabrezza diventano cupidigia e debolezza. Campionamenti a dir poco eccellenti. La voce è di Gore.
"Sometimes" [1:54]. Traccia di passaggio, ma di certo non una "ghost track". D'ora in poi i testi saranno sempre meno pessimisti, le musiche meno claustrofobiche. Un piano, la voce (sempre di Gore) ed è magia.
"It Doesn't Matter Two" [2:51]. Ecco, a mio avviso, il primo mezzo passo falso dall'inizio dell'album. Non è di certo un capolavoro, il testo dice ben poco (non è incoerente solamente perchè le tematiche sono cambiate, adesso Gore cerca la soluzione al suo dramma). Ma come sempre accade con questi quattro, non è tutto da buttare. Il canto (sempre di Gore) è meraviglioso, gli effetti dei synth sono miscelati a regola d'arte e il motivo musicale è veramente irresistibile.
"A Question Of Time" [4:09]. Bene, questa è la canzone più rock dell'album e dei Depeche Mode fino a "Personale Jesus". Gran pezzo. Ritorna Gahan alla voce e si sente, soprattutto per la sua attitudine al rock. Una drum machine mai così aggressiva macina un ritmo che alla fine del pezzo diventa frenetico, infernale (per il synth pop). Questo effetto (geniale) serve per trasmettere tutta la sensazione di frenesia, appunto, che è presente nel testo (A question of time); testo che in effetti rappresenta il vero punto debole della canzone, si ritorna infatti un pò ai vecchi tempi di Clarke.
"Stripped" [4:17]. Un accordo macchinoso di chitarra classica. Gli anni 80 sono tramontati definitivamente per i nostri, se non si considerano la successiva "Here Is The House" e alcune tracce di "Music For The Masses", il sound del gruppo ritorna ancora alla volta di paesaggi oscuri, dove la devastazione interiore ha sempre la meglio su tutto. C'è anche qualche accenno alla propaganda politica: "Let me hear you make decisions/Without your television". C'è la tematica dell'amore carnale: "Let me see you/Stripped down to the bone". Brano immortale, senza tempo quello dei Mode. Il capolavoro. L'intro è meccanico (ricorda l'industrializzazione e con essa il capitalismo industriale), l'outro è maestoso, a mio avviso l'apice dell'album. Poche note in lenta successione manifestano una teatralità che ha dell'incredibile. Gahan e Gore duettano, le loro voci sfumano e si confondono sorrette da un organo campionato. Da brividi.
"Here Is The House" [4:16]. Dopo due pezzi del calibro di "A Question Of Time" e "Stripped" arriva come una meteora. Il testo riprende concetti precedentemente esposti, ma la voce di Gahan è la vera protagonista del pezzo. Disperata, commossa, allucinata e per questo sublime.
"World Full Of Nothing" [2:49]. Un ritmo tribale introduce la nona traccia. Ritorna Gore alla voce, si sente. Freddo come non mai, la sua voce sembra quasi galleggiare sopra quel mare di musica creato dai synth. Il Piano suona una scala orientale e il testo è evidentemente drammatico."In a world full of nothing/Though it's not love/It means something" (trad. "In un mondo pieno di niente/Nonostante non sia amore/Significa comunque qualcosa"). L'amore che appareva come la soluzione, in realtà non rappresenta che l'utopia. Il pessimismo torna a dilagare.
"Dressed In Black" [2:34]. E infatti: "She's dressed in black again/And I'm falling down again/Down to the floor again/I'm begging for more again" (trad. "Si è vestita di nero di nuovo/Ed io sto cadendo di nuovo/Cadendo per terra di nuovo/Sto elemosinando qualcosa in più di nuovo"). Musicalmente buona traccia, ma nulla più.
"New Dress" [3:46]. Si sente al telegiornale: "Sex jibe husband murders wife/Bomb blast victim fights for life/Girl Thirteen attacked with knife". Ed altro. E' l'apice compositivo di Gore (riguardo ai testi) e uno dei vertici assoluti del gruppo, il capolavoro nel capolavoro. Esplode un basso martellante, sprangate di drum machine, taglienti ed affilatissimi synth. Si sente il metallo, il sound è sempre più industrial. Poi il meraviglioso (sotto tutti i punti di vista) ritornello, sorretto da un ritmo incalzante: "You can't change the world/But you can change the facts/And when you change the facts/You change points of view/If you change points of view/You may change a vote/And when you change a vote/You may change the world" (trad. "Non puoi cambiare il mondo/Ma puoi cambiare i fatti/E quando cambi i fatti/Cambi i punti di vista/E se cambi i punti di vista/Puoi cambiare un voto/E quando cambi un voto/Puoi cambiare il mondo"). Ovviamente non sei tu a cambiare il mondo, ma è chi ti comanda a cambiare il tuo. Pessimismo diventa sinonimo di realismo. Non c'è soluzione. L'accordo che apre "Stripped" chiude l'album.
Rimane poco da aggiungere e molto, moltissimo da ascoltare. Se non l'avete fatto spero che questa recensione possa avervi incuriosito, se l'avete già fatto spero che questa recensione possa aver fatto rinascere in voi la voglia di farlo (ascoltare l'album intendo). Album difficilmente catalogabile in un genere musicale, album immenso, e se deve essere il massimo esempio di un genere, questo non può che essere il synth-pop (a grandi linee). Non aspettatevi il solito pop album facilotto e banale, perchè "Black Celebration" è epocale sotto tanti punti di vista. Il massimo nel suo genere.
Voto: 8
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