"La musica è il vero pilastro sul quale si è sviluppato l'intero fenomeno cinematografico, ciò che del film sostituisce e costituisce la profondità"
La frase riportata tra virgolette, tratta dal libro "Paura e Desiderio" di E. Ghezzi, sembra cogliere l'essenza di molte riflessioni sul rapporto tra musica e immagini nel film. Innanzitutto si parla di musica (e immagini) nel film, quindi dentro il film, ben diversamente intesa da una "colonna sonora" o "soundtrack" (tecnicamente la colonnina a lettura magnetica posta al fianco dei fotogrammi nella pellicola), un commento a latere o comunque esterno alle immagini. Ciò che accade in films quali ad esempio "Arancia Meccanica" di S. Kubrick, "Il Cielo Sopra Berlino" di W. Wenders o "Zabriskie Point " di M. Antonioni (e infiniti altri) la musica è non solo perfettamente integrata all'interno delle immagini in movimento, ma è essa stessa immagine, anche se non visiva, immagine in senso lato, immagine acustica, che tuttavia ponendo in essere suggestioni di ogni genere (anche visive) diviene una sorta di "quarta dimensione", oltre alle dimensioni spaziali (notoriamente tre, anche se rappresentate su uno schermo a due dimensioni). Nel caso poi di Derek Jarman, regista geniale e (purtroppo) scomparso in età molto giovane, l'opera costituita da immagine-suono si arricchisce di una ulteriore densità: "Blue", infatti è un film assolutamente unico per la sua caratteristica, vale a dire che consiste per l'intera durata (76 min) in un unico fotogramma in saturazione di blu, e la voce narranti di Derek . Jarman, John Quentin, Nigel Terry e Tilda Swinton, prestate all'unico personaggio peraltro invisibile nel film, e protagonista attraverso la sola recitazione vocale. Quindi si dovrebbe parlare di immagine-musica-voce, anche se a ben guardare (o sentire) queste tre parole sono in fondo praticamente equivalenti.
Il recitativo di Jarman, e degli altri interpreti dunque è musica, il blu dello sfondo può essere inteso in differenti modi: il colore che si attribuisce nella cultura romantica alla tristezza, alla malinconia; essendo uno sfondo riporta in modo suggestivo alle associazioni visive con un fondale oceanico, o per via metaforica con il fondale emotivo dell'anima del narratore che in modo introspettivo guarda dentro di sé e "vede" appunto tutto ciò che a tale colore si può ricollegare. .
"Pearl fishers
In azure seas
Deep waters
Washing the isle of the dead
In coral harbours
Amphora
Spill
Gold
Accross the still seabed
We lie there"
"Pescatori di perle
nei mari azzurri
Acque profonde
che si infrangono sul(?)l'isola dei morti
Un'anfora
Caduta
Dorata
Nella barriera corallina
Sull'eterno letto d'acqua
Qui noi riposiamo"
La componente più strettamente "musicale" cioè, in senso convenzionale, più "strutturata" in forme canoniche e codificate, si perde e riaffiora da questo contesto oceanico più ampio, blu, triste, come il doloroso e rassegnato autoritratto dell'anima del suo Autore, assumendo le sembianze spettrali di un vascello fantasma, la fisionomia di un volto amato, di un medico che ispeziona il fondo dell'occhio del protagonista in un letto d'ospedale, ed è inscindibile dal poetico flusso di coscienza dell'Autore-Protagonista.
Affidata a Simon Fisher Turner, Coil, Brian Eno, Balanescu Quartet, Miranda Sex Gaden la componente musicale di queste "Onde" (vagamente simili per affinità a quelle di Virginia Woolf) si caratterizza come la più icasticamente palese delle risposte alle numerose domande che ci si potrebbe porre sui rapporti tra musica e immagini all'interno del testo filmico. Nella bellezza struggente e disperata di queste parole, nelle musiche che ora le travestono, ora le mettono in evidenza, ora scivolano via da esse come un'onda che si ritrae da una spiaggia desolata, c'è praticamente tutto: poesia, bellezza, immagine e suono, fino a venire a costituire una raffinata, semplice e grandiosa architettura testuale in cui ogni componente, limitata entro i confini del suo stesso ruolo (suoni, parole, musica, significati. . . ) finisce per scomparire, o mettersi in secondo piano per lasciare che l'emozione come la pura essenza di tutto il lavoro, come se fosse ciò che è stato travestito dalle musiche, parole, immagini sia essa una splendida scultura, un corpo femminile, un corpo maschile o semplicemente la nostra stessa anima.
"Cinema is bigger than life"? Probabilmente sì, come l'Arte, in tutte le sue forme e direttrici sensoriali (i sensi ai quali parlano: cioè arte visiva, cinematografica, musicale classica e non. . . ) è uno specchio nel quale il genere umano si è da sempre, da quando esiste, osservato per vedersi in modo più nitido e capire meglio se stesso, dimenticandosi, a tratti, di averlo prima esso stesso costruito. A meno che tale specchio non sia il mare, nel quale si riflette il cielo, illusoria superficie che traveste come un velo lo spazio cosmico e infinito. Gelido e inesauribile come ciò che va oltre noi stessi. Splendido ed eternamente effimero come ciò che è dentro noi stessi.
E allo stesso modo anche le parole, (quelle di chi scrive) dovrebbero farsi da parte, per lasciare la conclusione alle Parole dell'Autore di quest'Opera:
"Our lives will pass like the traces of a cloud
And be scattered like
Mist that is chased by the
Rays of the sun
For our time is the passing of a shadow
And our lives will run like
Sparks through the stubble
I place a delphinium, Blue, upon your grave"
"Le nostre vite si dipaneranno
come l'intreccio di una nuvola
e si illumineranno
come la foschia che viene dissipata
dai raggi del sole
Perché il nostro tempo è il passaggio di un'ombra
E le nostre vite scorrono via come scintille lungo la stoppa
Poso un delphinium, Blu, sulla tua tomba"
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