Arrivato a questo punto può ritornarsene alla sua vocazione ristorativa, quando gestiva la prelibata pizzeria Barracuda a Efringen-Kirchen.

Sei album in nemmeno undici anni di de-riesumazione ''thrashaiola'' sono un bottino considerevole per Marcel ''Schmeir'' Schirner, bassista, voce e mentore della storica band teutonica Destruction. Ma, mentre l'inizio del millennio in Nuclear Blast pareva rappresentare una piacevolissima resurrezione musicale (''All Hell Breaks Loose'' ma soprattutto ''The Antichrist''), gli anni seguenti deteriorarono notevolmente il giudizio positivo che mi ero fatto riguardo alla reunion di Marcel coi suoi vecchi compari, giungendo, nel 2008, al punto più basso della carriera (se non si considera il disastro/fantasma ''The Least Successful Human Cannonball''): il soporifero "D.E.V.O.L.U.T.I.O.N", amichevolmente ribattezzato ''la sagra del mid-tempo''. Mi auspicavo quindi una facile risalita della china dopo una delusione cosi cocente. Ebbene...Schmeir e soci sono riusciti nell'arduo compito di far (probabilmente) peggio, dando alle stampe ''Day Of Reckoning''.

Assoldato un nuovo batterista, lo sconosciuto Vaaver, che (tradotto dalla bio) ''...si è fatto le ossa alla McGill University di Montreal...''(come se per suonare Black Mass o Mad Butcher dal vivo ci volesse una laurea in conservatorio!), i Destruction di oggi decidono di cambiare registro e di tornare a pestare durissimo sull'acceleratore, sciorinando bordate di furia cieca ed overdose d'adrenalina, sparandoci addosso riff imbizzarriti vomitati con asfissiante follia, scagliando se stessi oltre l'ostacolo ma (ahimè) lasciandosi dietro il cuore e l'ardore. Che sia una direttiva imposta dalla label? Oppure una scelta personale e coscienziosa? Ciò che sembra chiaro è che, nel selvaggio triumvirato del thrash crucco, i ragazzi di Lorrach prendono paga a destra (Sodom) ed a manca (Kreator), confermando la tesi che ormai il buon Schmeir abbia sparato da tempo i suoi ultimi fuochi d'artificio, perdendo in questo modo il confronto diretto sia con Petrozza che con Angelripper.

Chi conosce un minimo il personaggio, o è stato almeno una volta nelle prime file ad un concerto dei Destruction, sa benissimo che Schmeir ha un carattere un tantinello difficile. A riguardo gira un alcolico aneddoto (poi confermato da molte fonti ufficiali) secondo il quale, all'Agglutination dell'anno passato, dopo aver prosciugato in pochi minuti l'ingente fornitura di birra concessagli nel backstage, avrebbe minacciato gli organizzatori di non salire sul palco a suonare se non gliene avessero elargita, seduta stante, una seconda; per la serie ''Chi ha bevuto tutto il mare, ne può bere una scodella''.

Ma questi sono soltanto banali pettegolezzi. La realtà purtroppo è alquanto disarmante.

La produzione risulta curata nei minimi dettagli, ai limiti del ''plasticoso'', la copertina è talmente malefica che non sfigurerebbe nella parti alte di un'ipotetica classifica de ''I caproni più fashion della storia della musica trucida'', ma l'ammirevole e apprezzata maestria nel bilanciare brani sparati ad altri più groovy, nel mescolare passaggi speed al limite dell'umano a refrain anthemici, ancora una volta, dove è finita? Non basta più timbrare il cartellino come un qualsiasi impiegato; non bastano più 2/3 pezzi incendia-platea ben congeniati che finiranno, gioco-forza, per ingrassare la scaletta live nei prossimi concerti (''Devil's Advocate'', ''The Price'', ''Sorcerer Of Black Magic''), perchè, d'altro canto, sono oggettivamente troppi gli episodi anonimi e scontati dove l'aggressività collide con la frenesia finendo goffamente per azzerarsi (rare volte mi è capitato di sentire una title-track così inconsistente). Capisco che l'inventiva, il colpo di genio arrivino una volta ogni tanto, ma qui si sta parlando di 10 anni, ragazzi, di 4 dischi consecutivi. Certo, l'album non è poi da buttare nel cesso e tirare la catena all'istante, beninteso; è, sfortunatamente per noi, uguale alla massa (e non ci può essere una critica peggiore per chi la bandiera del Thrash europeo l'ha piantata); gioca alla pari con pischelli che quando i nostri incidevano ''Eternal Devastation'' erano ancora attaccati bramosamente al capezzolo della mamma.

Non vorrei proprio (e da fan mi duole molto affermarlo) che Schmier, non so per quale motivo (crollo d'ispirazione? sensibilità commerciale? mancanza di stimoli?) si stia accontentando di eseguire il compitino, scordandosi dell'onere di essere tra i massimi esponenti di uno dei generi più amati del metal; non vorrei proprio che i Destruction si fossero lasciati convincere definitivamente che, se confezioni un prodotto al meglio, sai che venderà e che i fan, per attaccamento alla band o solo per collezionismo, lo compreranno comunque a prescindere dal suo valore intrinseco.

Perchè allora, se così fosse, se l'arte della musica per Schmeir fosse ormai diventata semplice standardizzazione, non è forse meglio che torni davvero dietro i forni della pizzeria Barracuda in quel di Efringen-Kirchen, passando le giornate a traccannare birra gentilmente omaggiatagli da qualche rappresentante di lieviti della Renania, magari metallaro?

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