C'era una volta, tra i verdi confini di birralandia... Ehm...

No No, scusate... Questa non è proprio una favola.

Sempre che in una favola sia concesso di parlare solo dei cattivi, perché i Destruction sono stati senza alcun dubbio "I Cattivi"!

Nati a Lorrach (la cittadina del "Lillacheinvoglia") nel 1983, quando Scorpioni, Accette, Corridori e Tombaroli definivano quanto di più grezzo e duro la Cerrmania avesse proposto in musica, rappresentavano, per il tempo, quanto di più imprevedibilmente aggressivo e istintivamente violento avesse proposto la loro patria.

Ho sempre pensato infatti che l'estrema aggressività e l'immane violenza sonora delle altre due compagini appartenenti alla "Sacra Triade" (Kreator e Sodom) fossero dovute, oltre che alle malate influenze musicali e storie personali, anche al proprio contesto socio-geografico e alla voglia di estremizzare volutamente le proprie insane e grand-guignolesche intuizioni.

I Destruction di inizio carriera, a confronto, sono l'infernale (over)killer della porta accanto. Cresciuti nel paesino di Babbo Natale tra cioccolata e strudel, rappresentano, per il sottoscritto, la violenza istintiva e inspiegabile, simile ad un "cane di paglia" che improvvisamente ringhia più forte e più brutalmente di chiunque altro.

E fu così, cari amici, che nel bel villaggietto innevato nacquero i capelloni del male, armati di pelle, borchie, lacca e munizioni, con l'intento di impaurire le genti e contrastare lo sconquasso imperante arrivato dalla spiaggia (BayArea) al di là del mare.

Dapprima fu una "Sentenza di Morte" che rappresentò il vagito (ruggito) della nuovo movimento Thrash tedesco assieme al "Segno del Diavolo" del buon squarta-angeli zio Tom e ciurma Sodom.

Poi arrivò un "Infernale Annientamento" a ribadire, se qualcuno avesse dei dubbi, che le cose non erano affatto cambiate: brutalità, genuinità, approssimazione tecnica ma grandissima e ferocissima attitudine Thrash e tanta tanta tanta violenza sonora, condita però da quella ingenua "ricerca melodica" che distinguerà i nostri... come uno spiraglio di umanità che timidamente cerca di emergere.

Ma poi arrivò il 1986, annus mirabilis (o come cacchio si scrive) per il movimento tutto e che obbligatoriamente avrebbe cambiato le carte in tavola.

Il Thrash non era più una novità e aveva già celatamente iniziato una lenta ma inesorabile evoluzione verso lidi meno istintivi e più "ragionati", ma soprattutto molte, molte (veramente molte) nuove compagini agguerrite si erano, negli ultimi due anni, affacciate alla scena per reclamare il proprio diritto al massacro. La scene tedesca aveva finalmente rivelato il suo volto di principale e unico antagonista in grado di contrastare lo strapotere americano.

I Destruction si ritrovarono quindi non solo a dover contrastare la vecchia (e nuova) guardia yankee, ma anche a dover confermare il loro stato di leadership nel panorama Thrash europeo, non più così desolato e solitario com'era appena un paio d'anni prima.

E fu così che i nostri cavalieri del male, eccitati dalla sfida e dalla battaglia, scesero in campo con l'arma più dura e precisa da loro mai calata: "Eternal Devastation".

Da subito si intuisce come il gruppo sia riuscito, consapevolmente o non, a piazzare quella svolta che per motivi tecnici, più personali che altro, non erano riusciti a concretizzare nei precedenti, ottimi, lavori.

Infatti, anche se Tommy Sandmann dimostra di continuare ad essere una gran schiappa dietro le pelli (soprattutto per varietà e stile), è palese come siano migliorate le già buone qualità chitarristiche e compositive del master-songwriter Mike Sifringer che finalmente spiega le vampire ali e, non solo si allontana dalla ripetitiva compattezza quantitativa dei lavori precedenti, ma anzi, riesce a creare strutture discretamente intricate che per tutto l'arco del lavoro mantengono alto l'interesse dell'ascoltatore; ed infine anche il "buon" Marcel "Schmier" Schirmer da prova di aver finalmente acquisito sicurezza al basso e un'accettabile convinzione vocale.

Il tutto si concretizza in un lavoro che ha dalla sua non solo una nuova maturità, ma anche una coesione all'interno della line-up che evidenzia un affiatamento palpabile (che da li a poco verrà a mancare).

Consapevolmente o no, i nostri paladini borchiati piazzano colpi tanto brutali quanto precisi e strutturati: dall'oscura e tesissima opener "Course The Gods" gia si capiscono benissimo 3 cose:

1: Potenza, impatto, grezzume (grattugia) e cattiveria restano indelebilmente i caratteri distintivi del gruppo

2: Finalmente le strutture delle canzoni si fanno più varie e creative, con i soliti stacchi infernali che si alternano, si intrecciano e amoreggiano violentemente e vorticosamente con passaggi più ragionati e pe(n)santi; cambi di tempo e di ritmo si amalgamano in crescendo finalmente non votati all'immediato annichilimento dell'ascoltatore, ma che anzi costringono ad un ascolto ripetuto e prolungato per capirne la bellezza e l'equilibrio.

3: La produzione, se possibile, fa ancora più schifo di quella dei precedenti lavori.

Le varie "Confound Game", "Life Without Sense", "Confused Mind" non si riescono ad inquadrare in strutture preconosciute e identificabili per quanto visto nel panorama Thrash europeo al tempo. Passaggi malati e veloci, motoseghe rotanti, ritmi cadenzati e quadrati, addirittura arpeggi si alternano descrivendo l'incubo sonoro pensato, e finalmente messo a fuoco, dai nostri cattivi mangiatori di cioccolata.

Come non menzionare poi la cara e vecchia "Eternal Ban" che diverrà assieme a "Bestial Invasion" la bandiera del malvagio regno dell'imperatore Sifringer, da sfoggiare come vessillo in ogni occasione mondana.

Il colpo inferto risulta talmente dirompente da far perdonare alcune piccole assonanze di soluzioni che, non troppo raramente, fanno capolino tra un brano e l'altro.

Anche se non riuscendo a dar vita ad un capolavoro in senso assoluto, i Destruction riescono nel loro intento di consacrarsi come i primi della classe e riportano l'attenzione dei thrashers verso quella gerarchia di culto che caratterizzo l'ambito estremo europeo negli anni ottanta.

Personalmente (e voi direte: "ma chi se ne frega") ho sempre considerato questo lavoro come un caso anomalo nell'ambito thrash-metalloso di birralandia: anche se non eccellente nell'interezza della sua proposta e ragionevolmente non paragonabile ai capolavori storici del Metal (anche europeo), all'epoca dei miei ascolti è riuscito ad ammaliare praticamente tutti i metallozzi che conosco (me compreso), guadagnandosi la stima di noi poveri brufolo-borchiettari, e continuando tutt'oggi a farsi ricordare con affetto... Quasi come fosse un vecchio amico ormai lontano o un vicino con cui hai passato l'infanzia... Magari proprio come quel vecchio vicino che proprio in questo momento......

Carico i commenti...  con calma