Nella vita è bello avere delle certezze, sapere di poter contare su qualcosa o su qualcuno è una bella sensazione: ti senti in un certo qual modo protetto e rassicurato. Questo ragionamento coinvolge, ovviamente, aspetti più o meno importanti nella vita di un uomo fra i quali possiamo tranquillamente inserire anche l'ambito musicale, un settore che, nel suo piccolo, regala gioie e dolori ai tanti appassionati che lo seguono e amano. Personalmente mi ritengo una persona dai gusti abbastanza ampi, infatti spazio tranquillamente dal Jazz alla Classica, concedendomi anche del buon Rock e dei bei lavori Blues, ma la mia passione primigenia rimane sempre l'Heavy Metal, un genere che mi accompagna da moltissimi anni ormai e senza il quale mi sentirei incompleto.
Negli ultimi tempi debbo però ammettere, con un certo mal celato rammarico, che il metallo pesante sta un pochino arrancando, infatti la voglia di pestare sempre più duro (in alcuni frangenti sfociando nel parossismo più puro!) strizzando contemporaneamente l'occhio alle tendenze del momento, pensate ai vari -core che ci sono in giro, ha portato ad uscite ineccepibili dal punto di vista tecnico ma terribilmente vuote nell'aspetto umano e passionale: riff intricati che si alternano più per sfoggio di bravura che per altro, pattern di batteria talmente veloci da gridare: "drum machine!" ad ogni colpo di cassa, il tutto condito da voci urlate, ultrafiltrate ed effettate, buttate giù tanto per far macello e nient'altro. Fortunatamente non tutte le bands optano per scelte del genere, anzi alcune si ostinano (e non vengono mai ringraziate abbastanza per questo!) ad immettere sul mercato lavori di enorme qualità, accompagnando la modernità con un gusto per la composizione che si rifà direttamente a quel glorioso passato in cui l'atmosfera e la violenza erano l'una al servizio dell'altra, creando un mix così piacevolmente malsano da attirare sempre più adepti in tutto il mondo.
Dopo questo lungo preambolo vi sarà sicuramente facile capire il perché del mio entusiasmo verso l'ultima fatica dei tedeschi Destruction, un gruppo da sempre promotore di un Thrash Metal violento, diretto e senza fronzoli, capace di tirarti in faccia una sequenza di pugni così precisa da far invidia ad un maestro di arti marziali! Album come "Eternal Devastation" e "The Antichrist" hanno contribuito a far esplodere e crescere la fama di una band spesso troppo sottovalutata, messa in secondo piano rispetto a colleghi più blasonati come Kreator e Sodom, oltre ad essere completamente bypassata quando entra in ballo il Thrash americano (i Big Four vi dicono qualcosa?). Nonostante le difficoltà, sia personali con l'abbandono di Schmier negli anni '90 che relative al mercato discografico, sovvertito dal Grunge (sempre nei nineties) e poi monopolizzato dalle più recenti correnti nu e core, i nostri sono riusciti a risorgere dalle proprie ceneri nel 2000 con "All Hell Break Loose", inanellando da quel momento in poi una serie di successi davvero inattesi ed inaspettati, regalando così ai vari thrasher del globo dei lavori moderni, freschi e maledettamente coerenti.
Questo trend positivo continua ancora oggi, avvalendosi di un ulteriore validissimo tassello: "Spiritual Genocide", uscito per Nuclear Blast. L'album in questione è veramente una lezione su come si può fare un disco acidissimo e potentissimo senza per forza ricorrere a triggers, computer e magie varie in studio, utilizzando solo cuore, passione e tanti muscoli, ascoltate la conclusiva "Under Violent Sledge", una vera bomba d'altri tempi, con un Vaaver davvero sugli scudi, capace di sfornare un drumming semplicemente devastante, caratterizzato da una doppia cassa non triggerata, ma suonata con una foga ed una rabbia difficilmente udibili sulla maggior parte delle uscite più attuali, ed una precisione da vero chirurgo delle bacchette; dopo aver sentito questa traccia viene da pensare: "E sono solo in tre, pensa se c'era un'altra chitarra che potevano tirare fuori!" Come appena detto il terzetto non lesina a mazzate, ma va precisato che il tutto si muove su un'impalcatura ben solida e coerente, cementata con un riffing killer e pregevole (opera del buon Mike), marchiato a fuoco da anni di esperienza e passione, il quale si accompagna ad un cantato che definire al vetriolo sarebbe veramente riduttivo, infatti l'ugola di Schmier è semplicemente unica nel suo genere: abrasiva come l'acido e riconoscibile tra mille, un mezzo indispensabile per diffondere il verbo malvagio e polemico dei Destruction. Cos'altro potrei aggiungere? Ah, dimenticavo! Con il disco in esame i tre tedeschi festeggiano trent'anni di carriera, un traguardo di tutto rispetto per un gruppo che fin dagli esordi si è imposto per una visione precisa e coerente della propria musica, quindi non posso che fare i miei più sentiti auguri e complimenti ai Destruction, accompagnandoli con l'ascolto dello splendido "Spiritual Genocide".
P.S. Consiglio l'acquisto dell'edizione limitata in digibook, nella quale troverete una bella toppa commemorativa ed una cover di "Princess Of The Night" dei Saxon davvero ben fatta.
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