Non siamo qua a celebrare la carriera di un gruppo geniale, qua non si regala nulla pur essendo loro nel mio personale olimpo.
Qua si parla di un buon prodotto che non farà commuovere i nostalgici di Worst Case Scenario, In A Bar Under The Sea o di Ideal crash, ma che manterrà alta la stima da parte soprattutto dei nuovi aficionados.

Quindi, m
ano alla penna (ah già, al mouse).
Vediamo ...il disco l'ho metabolizzato ...il live l'ho appena visto,  ...poi che altro...  Ok, dovrebbe bastare per spendere sacrosante parole per uno dei gruppi più rappresentativi della scena indie rock, di Sempre.
Tom Barman, con line up al seguito (ma non quella storica) fa visita ai Magazzini Generali (location indegna per l'acustica) tre anni dopo lo splendido concerto al Rolling Stone (sempre Milano) fresco del lancio di questo Vantage Point, successore dell'ottimo Pocket revolution (2005).

Ad un primo ascolto il lavoro si rivela subito lineare, senza trascendere in picchi di eclettismo come ci avevano abituati i lontani predecessori quali Worst Case Scenario e In A Bar, Under The Sea (due capolavori assoluti). "When she comes down" apre le danze poppeggiando leggiadra e cadenzata dal cantato-parlato di un Barman ispirato. La sua voce calda e roca rimane l'anima del gruppo, ormai privo da anni dei componenti che infarcivano il tutto di pennellate jazz (quelle che hanno sempre contraddistinto la band belga). Un primo pezzo onesto, senza fronzoli, volutamente ridondante nella melodicità del ritornello che prende il volo senza far fracasso grazie ad un'interpretazione vocale perfetta. Di contorno le chitarre da sincopate a distese di Mauro Pawlowski e i synth di Klaas Janzoons seguono fedeli le linee del frontman.

E' il turno di "Oh your god", pop-rock elettrico/elettrizzante, da vigoroso e invadente a rilassato ed armonioso, sostenuto dagli immancabili vocalizzi di  Pawlowski e Gevaert . Qua emerge un istinto dEUSiano di radici profonde, quello che porta in contrasto una botta di energia con l'immancabile distesa melodica, dove niente è lasciato al caso ma tutto può rimettersi in discussione.
"Eternal Woman" a seguire, il pezzo più pacato di un lavoro sostanzialmente ben marcato, diretto, ...elettrico. Lo spelling di una dolce e quasi infantile voce femminile accompagna Tom in questa piacevole ballata, senza pretese, ma che ti entra in testa.
"Favorite Game" sulle prime mi ha scosso,  ma è uno di quei pezzi "dEUS mODERNI" a cui va lasciato il tempo di materializzarsi. Dal vivo è stata inaspettatamente cucita dal mezzo della splendida quanto ipnotica "Theme From Turnpike", pezzo dei tempi dei "Barman sotto il mare".

Arriva "Slow", pezzo che probabilmente voleva trainare il lavoro, ma che alla fine si adagia troppo su sé stessa finendo per rivelare la parte troppo "umana" di questi ultimi dEUS, umana perché senza quei ricami che spiazzando ti tatuavano il ritornello sulla fronte. Si passa dall'oscura Slow alla funkeggiante "The architect", arzilla e divertente, ma che alla lunga non lascia granchè all'ascoltatore se non il rendersi conto che il pezzo è finito. Siamo nella fase meno brillante di Vantage Point, quella che (a mio avviso) parte da "Slow" e termina con "Is a robot" omaggiante di alcuni passaggi accattivanti ma che, nel suo complesso, non incanta anche se è da riconoscere la maniacale ricerca dei  suoni in cui la band belga  si produce.

"Smokers reflect", "The vanishing of Maria Schneider" e soprattutto "Popular culture" ci riportano un po' nel passato, con alcuni piccoli richiami forse auto-citazionisti ma assolutamente efficaci.
E la testa ondeggia, le voci dei dEUS avvolgono e fanno il loro mestiere, quello che fanno da quindici anni ad oggi.

"Vantage Point" finisce per essere probabilmente il lavoro meno ispirato e significativo del gruppo, ma per questo da non sottovalutare perché ha comunque qualcosa da dire. Complice nella valutazione generale di questo album la mancanza di un vero pezzo "traino".
Ma alla fine, pur non avendo parlato di un'opera immensa, sento il bisogno di dirvi...

...lunga vita a gruppi come i dEUS.

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