Un album che voglio definire subito "epocale" perché è uno dei pochi che mi ha fatto reinnamorare di un certo folk lo-fi, di un certo modo di concepire la musica e non ultimo, un modo di vita che avevo rimosso e parlo di certe comuni hippy tanto in voga agli inizi dei '70 (comuni che non ho mai frequentato ne condiviso se non per esperienza riflessa di mio fratello maggiore allora vero adepto del Movimento). Un album sorprendentemente vario ed eclettico, benché costruito su pochi accordi e minime accortezze tecniche (niente campionamenti, niente diavolerie elettroniche e, probabilmente, niente o pochissime sovraincisioni) che ci restituisce un folk-singer fragile e povero, nelle sue eccezioni positive, capace di trasmettere profondissime emozioni attraverso 22 (ripeto ventidue!!) tracce che ripercorrono più o meno tutto lo scibile storico folk dal primo Bob Dylan a Tim Buckley, da Nick Drake a Woody Guthrie filtrando il tutto attraverso la leggerezza e la solarità di ritmi esotici di samba, calypso e puro rock'n'roll, con canzoni cantate mezzo in americano e mezzo in portoricano.

Una piccola comunità alla Woodstock racchiusa in poco più di 75 minuti di danza, fatta di spensieratezza, allegria, libertà, partecipazione e disimpegno che, in un epoca musicale come questa, fatta di calcoli, business, promozioni, passaggi televisivi e marchette varie, rappresenta una gran bella boccata di ossigeno per lo spirito (e per le orecchie!). Non è tanto l'aspetto squisitamente musicale che colpisce (in fondo si tratta di canzoni country-folk semplici e ben fatte) ma è l'atmosfera generale frikettona e psichedelica che trasuda qui e là a ridarci un senso di coralità e umanità, raramente rintracciabili in dischi contemporanei: clap hands spontanei, cori improvvisati ma "veri", assoli non perfetti ma "caldi", colpi di tosse, risate e su tutti la voce tremula e fragilmente straniante di Devendra che si insinua con delicatezza nel cuore di chi la ascolta che ci restituiscono un immagine di un Circo Banhart incredibilmente vivo e gioioso. Un Circo che ha sapore di altri tempi, altri luoghi imprecisati che appartengono a movimenti storici e politici di 50 e passa anni fa, con un retrogusto romantico, decadente, utopistico e solare difficilmente riscontrabili in altri movimenti contemporanei.
E sta tutta qui, la "semplice bellezza" di questo disco emozionante e istrione di questo folletto americano e della sua banda di sgangherati frikkettoni recidivi (bellissima e azzeccata la copertina in onore a Sgt.Pepper!)

Devendra, dopo l'ottimo "Rejoicing in the Hands" e il seguente "El Nino Rojo", con questo ottimo lavoro ha scelto anche stavolta di dare tutto se stesso al proprio pubblico, non risparmiandosi nemmeno una virgola del suo potenziale, senza calcoli o fredde operazioni a tavolino (Con il materiale di Cripple Crow qualche altro "artista" avrebbe avuto elementi per trarne almeno tre CD). Non possiamo che essergli grati per questa sua sincera dimostrazione di onestà intellettuale e augurare al simpatico capellone di deliziarci ancora con dischi "catartici" e illuminanti come questo. Nel frattempo, qualcuno mi suggerisca come togliere dal mio lettore questo CD...

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