Pur essendo giovanissimo e con solo 3 album all'attivo Devendra Banhart è già un musicista molto apprezzato nei circuiti indie, e viene citato come il capo carismatico del "nuovo" genere chiamato Prewar Folk Esplosion che sta coinvolgendo parte dell'underground musicale americano. In effetti Devendra ha un po' l'aria fascinosa del guru figlio/nipotino dei fiori, (capelli lunghi e pantaloni di velluto sí, ma anche t-shirt dannatamente trendy) i suoi live sono suonati a lume di candela (ma un piccolo fuoco sarebbe anche meglio) e sia lui che il pubblico sono seduti per terra a gambe incrociate (lui però ha dei gran cuscini).
Rejoicing In The Hands (Of The Golden Empress) uscito nel giugno 2004 è deliziosamente naif, e anche Devendra lo è. Un puro che non conosce cinismo e sarcasmo. Uno che ci è e non ci fa. O almeno, così è come viene descritto, ma io credo che al solito la stampa ci ricami sopra un bel po'. Comunque, aldilà del personaggio che può stare più o meno simpatico, questo è un gran bel disco, più definito e articolato rispetto ai due precedenti, più maturo verrebbe da dire, ma sempre fatto in casa, anche se questa volta la casa non è più lo squat a Manhattan ma la casa di M.Gira presentatogli dall'amico Siobhan a cui Banhart ha dedicato la sua barba e una canzone: "This Beard Is For Siobhan".
I brani non sono più le filastrocche surreali abbozzate e un po' tristi di "Black Babies Uk" figlie di un periodo difficile (ora si rifiuta di suonarle dal vivo) ma pezzi felici di folk e blues dalla magia sbilenca che evocano una naturale e delicata bellezza profumata di verde, di resina e cieli stellati.
I testi evidenziano una scrittura prolifica e particolare, nella bolla di vetro in cui sta il mondo di Devendra la plastica non è mai stata inventata, ritorna alle origini, al rapporto umano con la gloria di madrenatura: "In the dark we are without her empress light/ In the dark we are without a light/ Half asleep we are calmly waiting through her night/ We wait till she arrives/ Clouds of birds are covering her dark blue sky", violini e pianoforte e semplicità di percussioni. Oppure racconta del suo quotidiano "Will is my friend/ Will sings like John/ goin' back to California... Will is good friend of mine/ With whom I spend lot of my time" cantato sul basso di Will che lo accompagna anche nei live. O ancora inneggia alle gioie della fisicità: "The body breaks/ and the body is fine/ I'm open to yours and you're open to mine/The body calls out it whispers at first.../Yeah the body burns strong/ and 'till mine is with yours/ mine will burn on/ My flesh sings out/ Honey come put me out... / The body sways like the wind on a swing/ a bridge through a hoop/ or a lake through a ring..." dolcezza infinita di chitarra acustica.
Musica hippy di nuovissima generazione, più mistica e meno politica. Luminoso.
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