E' duro essere il fratello di una leggenda... Brian era il piccoletto della famiglia Wood relegato alla batteria (alla chitarra c'era il terzo fratello Kevin) quando a Seattle nella metà degli anni ottanta Andrew creò i seminali Malfunkshun che assieme ai Green River sono da considerare l'inizio del grunge. Sappiamo come è andata a finire: Andrew Wood (che tra parentesi era l'antitesi del cantante grunge) assieme a Stone Gossard e Jeff Ament (futuri Pearl Jam) diede vita ai grandi Mother Love Bone prima di essere stroncato da un'overdose letale.
Brian allora prese coraggio e passò alla voce prima nel breve e sconosciuto progetto Fire Ants sempre assieme a Kevin e a Chad Channing (ex drummer dei Nirvana) e poi finalmente negli Hater, uno degli importanti combo part-time della scena di Seattle, che radunava Ben Sheperd e Matt Cameron dei Soundgarden nonché il chitarrista ex Monster Magnet John McBain.
Volata via la famosa e ingombrante sezione ritmica, Brian Wood, nonostante la lunga gavetta, solo nel 1995 diventa finalmente il frontman di un progetto tutto suo, richiamando il fratello Kevin alla chitarra nei Devilhead.
Il fantasma di Andrew aleggia venando di sfumature glam il cantato di Brian che è davvero particolare in parecchie occasioni. Non tanto negli episodi del disco più ruvidamente indie sullo stile Sub Pop come "We Like You" oppure "Too Much Protection", dove fa il cattivo per esigenze di copione musicale, ma nelle stupende ballate che affascinano per la contorta stranezza freak. Ad esempio in "There" sembra di ascoltare proprio Andy mentre si accompagna con il piano: un misto tra la dolcezza di un Marc Bolan e la ruvidezza del Morrison ubriaco... davvero magnifica.
E "Troubled Moon"? Quattro accordi di piano e la sua voce ti avvolge in un peana caldo come quello di un lupo mannaro che ulula alla luna la sua disperazione e la sua gioia per essere un dannato. "Polly", malinconicamente cadenzata, è un'altra occasione per dimostrare di non essere una sbiadita imitazione di Andrew. Solo che Brian è meno appariscente, ha meno fuochi d'artificio da far brillare: "Down On the Cow" è un'altra strana sommessa ballata in punta di strumenti sull'esempio di certe cose dei formidabili Satchel di EDC.
Stavolta il fratellino Brian si è preso il centro della scena, relegando la solista di Kevin al caos punk psichedelico di "Your Mistake" mentre nella conclusiva "Funeral March" fa tutto da solo in una sorta di dolce ballata alla Kevin Ayers attraversata da una vena malinconica per aver avuto un fratello famoso che ormai non c'è più.
Forse tre stelle sono poche mentre la homepage di DeBaser è invasa da votazioni esagerate per dischi che magari non meritano. Sarà che mi sono affezionato a quell'accusa di preside acido coniata da qualcuno su queste pagine...
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