È sempre un problema recensire un disco del signor (!?!) Townsend.
Da che parte inizio? Come cazzo lo introduco? Tanto hanno già detto tutto di lui. Tempo perso introdurre lui, vado a presentare il percorso discografico e l'episodio discografico in questione.
Cominciamo dal percorso discografico, il Devin Townsend Project, a farla breve DTP. A due anni di distanza, acquisiti gli sviluppi del project, possiamo dire che si tratti di una trovata gustosa, ma un po' sfibrante, che prevede l'uscita di coppie di dischi, di cui uno buono e uno cattivo. Nel 2011 che per fortuna si è appena chiuso alle nostre spalle Devin ci ha lasciato Ghost (buono) e Deconstruction (cattivissimo). Nel 2009 la stessa sorte, anche se con una spaccatura meno netta, era toccata a Ki (che definirei mansueto) e Addicted (ringhioso). Se Ki conservava certi riff granitici e certi growl neanche troppo soffocati, anche Addicted non disdegnava alcune composizioni ragionate e "tranquille".
Ed eccoci qui: Addicted, uno degli episodi più noti della discografia di Devin. Non passerà infatti inosservato, o inascoltato, il coinvolgimento di Anneke Van Giersbergen, fresca di abbandono ai Gathering, alla voce. Mica poco, anche perché dopo diversi anni la tulipana si cala di nuovo in un disco di manifesta matrice metal, pronta a dimostrarci che, se la canzone lo richiede, la sua voce sa essere ancora potente.
Cosa ci riserva dunque quest'album a livello musicale? Suoni assai pesanti ed incazzosi certo, eppure l'innato genio che architetta questo concept è stato in grado di renderle appetibili. Riff di ghisa e piombo fuso, certo, tuttavia un tema principe si ripresenta qui e là lungo il corso del disco e ci tiene per mano. A cominciare da Addicted e Universe In A Ball si leva un autentico magma sonoro di progressive thrash metal, se così si può definire il tutto: chitarroni, batterie massicce, urlacci che si intersecano alla voce di Anneke.
Davvero ottima Bend It Like Bender che subisce una vera evoluzione dalla strofa brutta sporca e cattiva al ritornello ipnotico e quasi pop. Strofa Devin - ritornello Anneke, ovviamente. Ancora ritmi pesanti ed epici per Supercrush, in cui il grezzo canadese dimostra di saper cantare con voce tonante mentre in Hyperdrive, canzone rapida e dai riff maligni, il palco è lasciato all'olandese pronta ad allietarci con una prestazione da brividi. Di nuovo fuoco e fiamme in Resolve per proseguire con Ih-Ah e The Way Home, due pezzi che si candidano a perfette Towsend ballads. Ih-Ah è una autentica oasi di pace, chitarre acustiche tastiere e un Devin quasi irriconoscibile alla voce (il passo in cui canta "We don't Even Understand" l'avevo creduto un'altra partecipazione femminile, e dico tutto) mentre The Way Home torna alle chitarre elettriche e a ritmi un po' sostenuti. Da applausi il ritornello catartico di Numbered, che si eleva sull'ennesimo frastuono martellante mentre la conclusiva Awake rappresenta la definitiva liberazione, l'ennesimo duetto vocale, estremamente riuscito, estremamente coinvolgente, tra la bella e la bestia.
Un disco compatto e monolitico certo, che comunque, grazie ad una durata un po' più contenuta e ad alcuni svolazzi verso lidi più tranquilli, non risulta estenuante come Deconstruction. Un'opera che non presenta neppure l'incredibile caleidoscopio emozionale di Synchestra, ma si candida in ogni caso ad occupare un posto privilegiato nella sterminata discografia del signor Townsend.
8,5
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