La poliedricità e il genio di un artista che risponde al nome di Devin Garrett Townsend, il tutto condensato in questo grande album. Poliedricità intesa come "figura professionale": oltre ad essere cantante e polistrumentista, è ormai da 10 anni affermato produttore; poliedricità intesa anche come vedute musicali: una passione per il metal (soprattutto quello di stampo "progressive", ma forti sono nei suoi lavori anche le influenze "death" e "industrial") ma anche per il blues, il jazz, la musica classica e il rock progressivo. E qui il genio trova la sua massima espressione: accorpare generi musicali così differenti tra loro sembrerebbe un'impresa davvero ardua, eppure Hevy Devy ci offre in "Terria" un'amalgama - se così può essere definita- impeccabile, parlare di un album metal sarebbe troppo semplice e riduttivo, com'è anche evidente la difficoltà di trovare una denominazione per la musica da lui composta. Ma questo sicuramente non è un fattore rilevante: ascoltando il frutto delle sue fatiche ci si perde in atmosfere spesso sognanti, altre volte inquietanti, che lasciano ben poco spazio ai superflui -almeno questa volta- dubbi dell'ascoltatore.
Voce stupenda la sua, carica di tanta espressività e fusa a melodie che si snodano solo apparentemente fredde e distanti, le quali, al contrario, contribuiscono alla creazione di sonorità impressionantemente coinvolgenti; infine lyrics dure -che in alcuni tratti sfiorano un rado senso di malinconia- e, talvolta, anche ironiche.
Quindi impossibile descivere "Terria" track-by-track, ogni singolo brano mostra così tante e diverse sfumature da rendere impossibile un'analisi obbiettiva, teoricamente uno stesso pezzo -a seconda del momento in cui lo si ascolta- potrebbe deludere, ma esaltare già dopo il secondo ascolto, e ancora impressionare, o disincantare. Concludo con le tracce che maggiormente hanno attirato la mia attenzione: "Nobody's Here", "The Fluke", "Deep Peace" e "Earth Day" (i primi 30 secondi di quest'ultima sono realmente mozzafiato!). DA NON PERDERE!
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