Pubblicato nel 2004, "Live In The Land Of The Rising Sun" è il sunto per pregevoli immagini e sgangherati suoni, su supporto video digitale, del tour tenutosi l'anno antecedente tra le bàlere dell'arcipelago giapponese: su palco ammiriamo all'opera il nucleo originario della formazione, tuttora arzillo & vegeto, perlomeno in sede concertistica, composto dai fratelli(ni) Mothersbaugh insieme ai gemelli Casale, coadiuvati dal drummer à tempo parziale (in seno alla band nella parte conclusiva della carriera discografica della band), Mr. Dave Kendrick.
Nota per i più piccini: Devo, a partire dai primordi dei seventies (si cerchino in questo senso i due Volumi "Hardcore Devo '74-'77" editi da Rhyno Rec.), fù entità che produsse letterali video/musico-sconquassi in virtù del proprio originale, futuristico e bislaccamente multisfaccettato rock-robotizzato, genere del quale a tutti gli effetti risultano numi tutelari e inamovibili capostipiti, altresì in virtù della lungimirantemente attuale filosofia devo-luzionista.
La dice lunga il fatto che all'interno dei settantacinque, ben amalgamati tra interviste e esecuzioni on stage, godibili e divertenti minuti complessivi che compongono il concerto-documentario la maggiore parte dei brani in palinsesto (ben 6 su 13 totali) risultino estrapolati dallo spettacolare debutto ("Q:Are We Not Men? A:We are Devo!"), oramai giunto alla soglia delle tre decadi sulle spalle, e che il resto si concentri esclusivamente su frammenti appartenenti alla prima/issima fase della discografica carriera: il più "recente" un estratto da "Oh No! It's Devo!" - 1982.
Generalmente il rischio in operazioni (vetero-nostalgiche?) di questa natura potrebbe essere quello di non offrire qualitativi e sufficienti motivi di interesse né per vecchi aficionados (il perpetuo riciclo di materiali ampiamente noti) né tantomeno per l'eventuale co-optazione di nuovi adepti al reiterato verbo Devo-luzionista: da impenitente Nuovo Tradizionalista ammetto di aver gradito senza riserve l'integrale serata inscenata dal quintetto di Akron, al contempo sinceramente non saprei "come" possa suonare alle orecchie di un attuale diciottenne la meravigliosamente scoordinata "Yoko Homo"; i perlopiù entusiasti teenagers presenti, immortalati all'interno della mastodontica, ricolma in ogni ordine di posti, sala sembrano spassarsela (e noi con Loro) un mondo al passaggio di immortali e deviati hits quali "Girl U Want", "Freedom Of Choice" o della fuorviante "Uncontrollable Urge"; a dirla tutta coloro i quali sembrano maggiormente divertirsi nello scorrazzare in lungo in largo (nel tempo e nello spazio) paiono proprio Loro, questi cinque recrudescenti e tutt'altro che strumentalmente imbolsiti mattacchioni, dotati di canonico inceratone giallo, capaci di coniare una tra le più acutamente astruse musico-nefandezze dell'epoca.
Risulta decisamente notevole che parecchi dei momenti posti alla Nostra appagata visione posseggano tutt'oggi una così sferzante freschezza ("Gut Feeling"), una tale synthrock-piacevolezza ("Gates Of Steel") e una gioviale irruenza strutturale ("Mongoloid") che non lasciano minimamente trasparire l'abbondante quarto di secolo che li separa dalla loro primigenia gestazione.
E chiamali Devoluti!
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