La prima volta che ho assistito alla proiezione di quel delizioso film che è "Little Miss Sunshine" alla prima nota della colonna sonora mi sono detto: "Io sto pezzo lo conosco!". Sapevo di avere già ascoltato quella musica, ma presa così a pezzetti non riuscivo a contestualizzarla; mi godo il film e attendo la fine della proiezione per scoprire quali fossero gli artisti usati per le musiche. Attesa premiata dal mio annuire soddisfatto nel leggere il nome dei DeVotchKa, un quartetto di Denver attivo da più di un lustro.
L'album da cui è tratta praticamente tutta la colonna sonora si intitola "How It Ends" ed è uscito nel 2004. E non a caso ho citato un film, dato che la tensione cinematica di questa musica è davvero debordante e credo sia stato un preciso intento dei musicisti scegliere questa strada (soprattutto se si confronta questo lavoro coi precedenti). Sospeso tra american folk, mariachi, musica balcanica e spunti orchestrali è una gioia per le orecchie, in cui ancor più che per la bellezza in sè dei brani resterete affascinati dalle intense suggestioni che questi riescono a dare. Confezionato con una compattezza monolitica, il disco scorre via tutto insieme, davvero come fosse una pellicola, solo che i registi siete voi. Non lasciatevi scappare la ballata che dà il titolo al disco ("How It Ends"), di una bellezza cristallina, dalla sua frase (prima accennatta col pianoforte e poi lasciata trasportare dagli archi) che in un lampo ti strappa dai tuoi pensieri e ti porta via in un'altra dimensione, per sette-minuti-sette di emozioni. Non è da meno lo stupendo pastiche mariachi-balcanico "We're leaving", che ti scolla dalla sedia e ti lancia in danze gitane intorno ad un fuoco, mentre il vino scorre a fiumi e l'aria diviene elettrica.
Il legame col cinema è talmente marcato che si tolgono pure uno sfizio citando Yann Tiersen con un pezzo che guarda caso si intitola "Charlotte Mittnacht (The Fabulous Destiny Of...)" e che è perfetto, come clima, stile, intenzione, per la colonna sonora dell'indimenticabile "Le Fabuleux Destin d'Amélie Poulain". Non posso non citare altri brani davvero belli come la ballata crepuscolare "You Love Me" o la trascinante "The Enemy Guns", posti in apertura del disco.
Al termine dell'ascolto l'unico difetto che gli si può attribuire è di eccedere in alcuni momenti in quella querula malinconia balcanica che per chi non è proprio addentro in certe situazioni musicali è un po' difficile da mandar giù, ma in un disco di 14 brani c'è talmente tanta carne al fuoco (soprattutto nei primi 8 brani) che basta poco per rimettere le cose a posto.
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