Le ballads costituiscono il vero banco di prova di ogni musicista dallo spiccato senso melodico, alle prese con delle composizioni dalla presa sicura. Occasione d'oro quando si parla di mettere in risalto le propie qualità espressive, di delineare la linea del sentimento senza ruffiane sfumature melense, di regalare chiaroscuri alle anime di chi le ascolta.

Questa è una raccolta, certamente, pubblicata non certo con le intenzioni di celebrare commercialmente chissà che cosa, ma nata come se si trattasse di un piccolo scrigno, custode di alcune delle perle più belle uscite dal Tenore di Dexter Gordon: uno dei musicisti Jazz dalla spiccata vocazione per le ballads. Quindi, dedicare una raccolta di ballads ad un ispirato Dexter Gordon era una cosa ovvia; così sotto la supervisione della Blue Note, nel 1991, ad un anno di distanza dalla morte di Gordon, vedrà la luce questo gioiellino: sicuramente una testimonianza discografica la quale funge un po' da manifesto della forte passione di Dexter per le ballads.

Le ballads costituiscono in un certo senso il fiore all'occhiello di vari àmbiti musicali, soprattutto quando si parla di Jazz e di musica a lui affine. Molti dei compositori dell'epoca d'oro di Broadway si sono lasciati coinvolgere da questa splendida forma musicale, dando vita ad una infinità di standard che hanno fatto la gioia dei crooner e dei jazzisti. Consuetudine allora sentire i musicisti Jazz ricalcare con i loro strumenti le linee vocali delle ballads cantate dai crooner. La scelta dei pezzi da inserire è ricaduta sul periodo che va dal 1961 al 1965, a parte una vibrante (grazie anche ad una ritmica brillante, con un Piano favoloso e variegato come quello di George Cables, un deciso Rufus Reid al Contrabbasso e un diligente Eddie Gladden alla Batteria) "Body and Soul" di quasi diciassette minuti, registrata al Keystone Korner di San Francisco nel 1978.

Gli anni cha vanno dal '61 al '65 sanciscono la maturità definitiva di Gordon, gli anni della Blue Note. Quindi non era difficile pensare a dove sarebbe caduta la scelta dei brani da inserire. Uno dei dischi più celebrati di Gordon del periodo, "Our Man in Paris", nato in seno della brigata parigina della Blue Note, regalerà "Willow Weep for Me". "Willow Weep for Me", con la sua sorniona vena bluesy del tema, calerà Gordon e Bud Powell nelle loro radici afroamericane. Gli stessi studi parigini della CBS di "Our Man in Paris", porteranno dalle sessioni del 1964 una nostalgica "Darn That Dream" da "One Flight Up", scritta da Jimmy Van Heusen, estrapolata guardacaso da un musical, ovvero da "Swingin' the Dream". Le frasi avvolgenti e profonde di Gordon rimango costanti, inalterate nel loro fascino, fermano il tempo, regolano la passione. I fedelissimi della scuderia Blue Note, ovvero Higgins, Warren e Sonny Clark, compagni affidabili del Dexter del periodo, mettono la loro maestranza a servizio di alcune tra le ballads più significative e sentite da Gordon: è il caso di "Don't Explain" da "A Swingin' Affair". Commovente, profonda, notturna, romantica.

Non poteva mancare della partita qualcosa presa dal celeberrimo "Go!" (anche se, personalmente, avrei scelto "Where Are You"; ma, ovviamente, si cade in piedi ugualmente con "Guess I'll Hang My Tears Out to Dry"), e allora "Guess I'll Hang My Tears Out to Dry" porterà in alto la bandiera di quel fantistico album. Alcune delle chicche più intriganti di "Ballads" arrivano sicuramente con la discesa in campo di Freddie Hubbard alla Tromba: ecco che la notte cala nuovamente con una noir e sofferta "I'm a Fool to Want You" da "Clubhouse" del 1965, e la quale mi ricorda la bellissima "Harlem Nocturne". Hubbard è struggente, il suo ingresso in crescendo è da brividi: mette quasi paura direi, in virtù della forte intensità con la quale si accoda ad uno splendido Gordon. Il pezzo annovera anche Frank Sinatra, nelle vesti di autore. Un altro standard immortale vedrà i due ancora insieme, "You've Changed" da "Doin' Allright": "You've Changed" è preziosa, grazie alla sua irresistibile armonia, resa ancor più irresistibile dalla vigorosa complicità di Gordon e Hubbard. Questa estemporanea panoramica non rende pienamente giustizia al disco, nel quale vi si trovano altrettante meritevoli ballads delle quali non ho parlato.

Bisogna ascoltarlo, lasciarsi conquistare, anche intimorire per certi versi, per far sì che Gordon ci porti in una passeggiata serale con il suo Sax. La copertina ritrae Gordon in una delle foto più famose della storia del jazz, ad opera di Hernan Leonard e della quale abbiamo parlato in un'altra occasione con altri DeJazzfans. Secondo me, oltre a non avere tanto senso, in genere non è edificante recensire una compilation, nè per il recensore nè per chi ha la voglia di leggerlo, ma in questo caso uno strappo alla regola ci sta tutto; perchè oltre alla qualità indiscussa dei musicisti che hanno accompagnato Gordon nei vari album, oltre alla qualità incredibile dei brani e alla classe immensa di Dexter nell'eseguirli, è una raccolta che si regge da sola e vive di luce propria, proprio come un ottimo album di inediti.

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