Spesso siamo troppo impacciati per fare un passo verso un'altra persona. Che sia per convenevoli, simpatizzare o una specie di follia amorosa, non possessiva. Già, perché con l’età che avanza si scopre anche quella... Che uno magari, pur complessato, rinnega il piccolo Freud che è in lui e non ci mette più dell'altro in certi incontri. “Altro” che non è se non, e solo, quello: il pensiero fisso. Ma c’è anche l’altro, senza dell’altro. Lo riconosci anche tu, perché è quello stesso amore di cui ami le canzoni. E a quelle dei Dexys c’è molto da voler bene.
Beh, ecco qui tre buste: la gioventù, il successo, la maturità. Di album, i Dexys Midnight Runners, a sigla completa, ne hanno fatti tre, appunto. Il più bello e incendiario è il primo, Searching For The Young Soul Rebels, quello… gioventù, ribellismo, rock, soul, folk, punk, new wave; quello dei fiati a perdifiato e della vocazione alla strada.
Il più bello e levigato, conclamato, è invece il secondo, Too-Ay-Ry, quello… folk, soul, fratellanza celtica e sudditanza ad Eileen.
Il più bello e ordinato, poetico, è il terzo, Don't Stand Me Down; quello della maturità. Quello su cui l’eccentrico e scontroso Kevin Rowland imprime la sua visione new soul, che essendo una grande visione, è una visione perdente. Tanto che, poi, Rowly, quella ragione sociale non la usa più e va a fare… musica pop. E qualunque altra cosa, come farsi fotografare nella copertina di My Beauty in mutande e giarrettiera.
Però, nel frattempo, Don't Stand Me Down è il più bello e basta.
È un po' il Pet Sounds degli anni 80. Il Pet Sounds di Rowland, che, non essendone mai soddisfatto, cioè più andava avanti, più tornava indietro, ne ha fatto un po’ anche il suo Smile.
Eccoci, l'idea sottesa è quella di un “lavorato” serico e meticoloso, pura eleganza formale coniugata con buone vibrazioni: lirismo, idee e visioni, musica avvolgente, fraseggi, dialoghi, esercizi di dizione, gorgheggi, cambiamenti repentini, inizi nuovi e vecchi, rapsodie e vita. Tutto insieme. Quelle otto ispiratissime tracce sono uno splendore. Poco appariscenti, solari, cangianti, tanto introverse quanto capaci di una comunicatività sbarazzina. Cioè per tutti e per nessuno in particolare, eccetto te. E dei tre album, non scordiamo, è l'unico, poi, che prenda a calci in culo Freud!
Ecco, per far “100”, qui sul DEB di G, volevo un album speciale, magari non ancora recensito, magari evitando il track by track, magari straniero, magari del vecchio millennio. Tutto “givsto”. E parlarne di getto. Ad cazzum canis. Perché la sua musicalità mi manda incontro a varie persone, non lavora sull'esclusiva: persone che mi piacciono, ma a volte neanche troppo. Ma mai una sola, comunque sempre. Sennò ti prendi qualcosa e molto ti perdi. E di Don't Stand Me Down non c’è niente da perdere. Una giornata è troppo lunga per avere in testa una persona soltanto. Rowland, ultratrentenne, lo sapeva allora. Lo sapeva benissimo. Perciò cambiava produttori, musicisti, chewing-gum, corde di chitarre con corde di altri strumenti a pizzico. Siccome, per Rowly, le canzoni sono persone e le persone sono canzoni, non gli vanno mai bene né le une né le altre. Nella ricerca, però, di una bellezza che pervenga alla consapevolezza.
Don't, pertanto, è uscito più tardi della sua uscita. Arrivato dopo il suo arrivo. Cioè? Cioè dopo qualche rinuncia. Tipo ad esser tutto in tutti. E proprio dopo una crescita. Ma com’è, allora, quest’album che inizia con “The Occasional Flicker” (nessuno mai titolerà così una canzone!) e va a “This Is What She’s Like” che parte come pezzo ska e termina, se mai lo faccia, come una mini-opera? E quando Rowland canta “I love you, I love you”, meno istrione che serio, canta che è disposto alla rinuncia, che prenderemo a calci in culo Freud per un semplice scambio di vedute? È "sì". È un’opera suonata da Dio (con effetto-presenza di Dio), dove tutto procede come se la vita non fosse mai assuefazione o sofferenza, ma solo musica, solo coretti “Bon bon boooon”, stati di grazia e bellezza nello sguardo di un altro che ti guarda. Perché? Perché l’ha preceduto una necessaria contrazione esistenziale ed artistica. Le conseguenze, invece, le stiamo ancora aspettando. Almeno, intanto, rincorrendo "gli angeli della pioggia e del fulmine".
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