Con ben sei album pubblicati nell'arco di poco più di 10 anni, i DGM rappresentano una delle realtà migliori in Italia per quel che riguarda il progressive metal. Da sempre paragonati a mostri sacri quali Dream Theater e Symphony X, la band romana si è dimostrata capace di album in album di saper cogliere la lezione dei grandi del genere, reinterpretandola sempre a suo modo, è così che sono nati lavori come "Hidden Place" o "Misplaced" (giusto per citarne due), dotati tutti di melodie estremamente riconoscibili, seppur ancorate alla tipica tradizione del progressive metal melodico di stampo americano.
Nonostante molti gruppi con il tempo raggiungono una capacità compositiva di elevato livello e che permette loro di comporre dischi di grande qualità, con i DGM il massimo punto della carriera è stato toccato, secondo mio modesto parere, nel 2001 quando diedero vita al bellissimo "Dreamland", un album nel quale convivono in perfetto equilibrio toccanti melodie e divagazioni strumentali tipiche del progressive che non risultano essere mai fuori luogo od eccessive.
La ricerca melodica e l'inserzione di elementi hard rock, gothic e melodici al limite del pop rende poi questo "Dreamland" ancor più gustoso, ed è dalla commistione dei vari generi che nascono perle di grande fascino come la prima "Dreamland", 7 minuti e 3 secondi di evoluzioni strumentali nelle quali le chitarre di Diego Reali si incontrano con le tastiere (ed è qui che entra in gioco l'elemento gotico, anche se poi anche alcuni cori nel corso dell'album sottolineano questa tendenza al gothic metal) di Maurizio Pariotti, il tutto a sostegno per la voce cristallina e splendida di un Titta Tani davvero in grande spolvero. Azzeccatissime tra l'altro le leggere distorsioni vocali che donano alla canzone un tocco d'eleganza in più.
Da citare risulta poi essere anche la splendida ballad "The Rain Falls In The Desert", delicatissima nel suo incedere malinconico. La canzone viene aperta da un delicato tappeto di piano che scandisce il tema musicale portante del pezzo, per poi lasciare il posto all'assolo di Reali, al quale si lega la calda voce di Titta, impegnato a recitare dolci parole d'amore.
Ce n'è proprio per tutti i gusti nel disco, ed ecco dunque spuntare pezzi più di maniera, seppur bellissimi, come le ultime due "Sweet Surrender" e "Feeling Forever", chiaramente debitori alla prog metal di casa Dream Theater, il tutto rielaborato e rivisto però in chiave DGM, il che significa, più velocità, più pathos nell'interpretazione del brano e soprattutto più linearità (sembrano "vietate" le divagazioni strumentali senza capo e coda tipiche degli ULTIMI lavori di Petrucci & Co.), che rendono i pezzi decisamente più appetibili anche a chi non è particolarmente avvezzo a certe sonorità. Per il resto il platter si muove su coordinate per lo più simile alle tracce descritte, risultando abbastanza dinamico e compatto, mantenendo una qualità compositiva sempre più o meno costante e senza evidenti cadute di stile.
Per quanto riguarda la registrazione dell'album la qualità non si attesta sui risultati della musica presente, rivelando alcune falle, tra le quali il volume degli strumenti non regolato alla perfezione, ma anche il suono della batteria che sa un po' di finto in più frangenti (il rullante sembra fatto di plastica e il suono dei piatti viene e va) e, ultimo ma non ultimo, la voce sembra di tanto in tanto affogata nella musica, non rendendo assolutamente giustizia ad una delle migliori voci nel campo metal italiano.
Se riuscite a chiudere un occhio per questi "particolari" vi assicuro però che potrete godere di un disco dal fascino non indifferente e che sarà capace di catturarvi già dal primo ascolto.
Carico i commenti... con calma