C’è un riff di chitarra di quelli micidiali, che restano in testa, tra il punk e la gnu ueiv. C’è una batteria che monta piano, un giro di basso della madonna, poi il pezzo si ferma e una voce tra lo sgraziato e il pazzo urla:
“Parte dei soldi li spesi in assoluta allegria,
quella stessa con cui li avevo guadagnati”.
In copertina c’è uno che corre per via Calzaioli, sempre con un’aria tra lo sgraziato e il pazzo.
Era il 1989.
Fino ad allora il Fiumani era sempre stato il chitarrista di un gruppo. Un chitarrista, valido, estremo, noise, bravissimo e per niente tecnico. Tre album e mezzo all'attivo, un discreto successo untergrund. E aveva sempre scritto tutto lui. Tanto che il fatto che ci fosse qualcun altro che gli cantava quei pezzi che sentiva così suoi gli faceva girare i coglioni. E così nel 1989, a dispetto di tutti ed anche di sé stesso fa uno dei gesti che lo rende unico e irripetibile nell’ambito musicale italiano. Quelli della sua etichetta storica li aveva già salutati; licenzia tutti del gruppo precedente, chiama nuova gente, dà fondo ai suoi risparmi personali, affitta un giorno di studio e incide quattro pezzi immediati, punk, d’autore, ispirati, bellissimi. E soprattutto, canta lui. Canta con lo stomaco, con la gola, con l’infarto che arriva, senza saperlo fare ma con due coglioni che averne. Stonando, incespicando, sforzandosi, senza badare a metriche, senza finezze. E quando alla fine del pezzo-inno urla con tutto il fiato che ha in gola “GENNAIO! GENNAIO! GENNAIOOOO!” magari non sai perché, non lo capisci, ma urli con lui, e ti sembra che quell’urlo liberatorio dia sfogo a tutto quello che di segreto t’è rimasto dentro per anni. E che finalmente esce allo scoperto, e non si può più ricacciare dentro.
GENNAIO!!!!! Cazzo, GENNAIOOOOO!
E comunque, “nessun senso di colpa, non è importante per me. Tu non stare in pensiero, è solo un finto cuore”
Poi ha fatto diecimila altri dischi (l’ultimo, “Donne mie” esce in questi giorni), imparando a cantare e misurandosi anche un po’ (non troppo, ma un po’ sì). Ma cazzo, quell’urlo vale da solo una vita di stenti.
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