Dopo un tour iniziato quasi un anno fa, il recente concerto "Confidenziale" di Federico Fiumani presso il Ligera di Milano è stato un'occasione per scambiare quattro chiacchiere su underground, autoproduzioni e futuri progetti dei suoi Diaframma.
RR: Se tu dovessi dare una definizione di te oggi che definizione daresti? A livello artistico ci sono traguardi che senti di non avere ancora raggiunto? FF: No, mi va bene così. Continuare, stupirmi ancora, sorprendermi, provare emozioni, fare musica in genere, che tra l'altro è l'unica cosa che so fare, scivere canzoni. Con la band attuale mi trovo bene, c'è un buon feeling tra di noi. E' un circuito, quello che mi sono creato in questi anni, che mi va molto bene, lo sento molto a mia misura d'uomo, rispetto a quelle che sono le mie caratteristiche. Fare dischi e concerti, fare il musicista..fare buone canzoni, spero di continuare ancora per qualche anno, mi va bene così. RR: Recentemente avete il vinto il Premio MEI come Migliore Autoproduzione (per l'album "Niente di serio"): considerando la crisi del mercato discografico, per un artista quanto è importante autoprodursi? Intendo la possibilità di poter suonare la musica che vuoi ma senza avere alle spalle un'etichetta.. FF: Nel mio caso è partito come una necessità, nel '98, quando durante gli anni Novanta mi accorsi che se volevo fare questo mestiere dovevo bene o male autogestirmi, in proprio. I soldi erano talmente pochi che se ne iniziavo a spartirli con un'etichetta discografica, un management per i concerti, diventava impossibile per me viverci, quindi mi sono inventato quel mestiere del musicista factotum, che avevo già accarezzato alla fine degli anni Ottanta.. RR: Totale autogestione, quindi.. FF: Si, con la Diaframma Records, coinvogendo via via personaggi che mi sembravano adatti, coinvolti, amici..mi sono un po' inventato un mestiere che è stato quello di dovermi gestiere un po' in proprio, senza dimenticare che comunque era un mestiere che devi comunque fare nel migliore modo possibile, i concerti li dovevi fare bene, i dischi li dovevi fare nel migliore modo possibile. Nel '98 quando feci con la Self questo contratto di licenza mi accorsi che riuscivo bene o male a vivere di questo mestiere e quindi ho continuato, sono ormai quattordici anni, a dare i master in licenza a loro.. RR: Funziona quindi? FF: Si, i dischi nei negozi bene o male si trovano, con una buona distribuzione indipendente, i concerti entravano, gestendomeli da solo..Scoprii un giornale che si chiamava Music Club, dove c'erano gli indirizzi di tutti i locali d'Italia, quindi mi sono messo a telefonare a destra e a manca ed entravano un sacco di concerti, molti di più che con le agenzie. Con l'avvento di internet ho scoperto che molti musicisti..la tendenza adesso è di gestirsi molto in proprio. Quella che prima era quasi una conditio sine qua non, cioè le major, per fare i concerti e per fare questo mestiere, adesso è quasi un impedimento. Io me ne ero accorto già prima e adesso mi trovo bene, è una situazione che funziona e che conosco bene, mi muovo in un ambiente mio, quello dei locali..poi internet ha facilitato molti i rapporti, ti chiamano direttamente, puoi gestire direttamente senza grossi problemi l'aspetto dei concerti.. RR: Oggi secondo te ha ancora senso parlare di "underground"? FF: Assolutamente si.. RR: Se consideri molte realtà, tra myspace e facebook, non è più come negli anni Ottanta, che avevi bisogno della fanzine per farti conoscere, ma bene o male chiunque riesce a farsi conoscere, ma dall'altra però è comunque difficile raggiungere dei grossi numeri... FF: Sono d'accordo. Il discorso è questo: io a differenza di molti avevo già un nome, storico, conosciuto, per cui se proponi un gruppo come i Diaframma bene o male, se fai rock underground lo conoscono tutti, hai una storia..ero facilitato..."facilitato", me l'ero conquistato, una dimensione mia, un'identità ce l'avevo già, questo mi ha aiutato. E' un modo di interpretare questo lavoro in modo abbastanza snello, però ripeto io mi ci trovo bene, è una musica a misura d'uomo, io sono contento così.. RR: Parlando dei temi presenti nei testi tu mediamente ha sempre parlato del privato, non hai mai parlato di politica..è possibile che la gente ti segua perché parlando del tuo privato forse alla fine riesci a parlare anche un po' del loro? Anche per quanto riguarda i testi un po' più particolari, mi viene in mente "Mi sento un mostro", che è un po' strampalato, diverso dagli altri... FF: Io penso una cosa, che uno deve fare quel che gli è congeniale, nel senso che se uno è portato per il sociale deve parlare del sociale, se uno è portato più per il privato, deve parlare di quello che vuole, poi quello che conta è la qualità, se fai una bella canzone puoi parlare di qualunque cosa, la gente l'ascolta e arriva il messaggio. Se non fai una buona canzone puoi parlare di pubblico, di privato, di politica, essere di destra, di sinistra, alla gente non interessa. Io penso che la cosa piu importante è fare buona musica, poi per il resto ci puoi mettere dentro quello che vuoi, non importano gli ingredienti, l'importante è che il risultato sia buono. RR: Parlando sempre di Facebook, a cui avevi già accennato, da una parte di sicuro facilta i rapporti a livello di diffusione di concerti, i rapporti con gli organizzatori, ma dall'altra parte non pensi che tolga quella sorta di distanza che ci dovrebbe essere tra l'artista ed il suo pubblico? "Artista" nel senso un po' classico del termine, visto un po' come una figura mitica, i Rolling Stones della situazione.. FF: Un po' staccata dalla realtà.. RR: Si, un po' staccata dalla realtà, mentre il fatto che tu ci possa parlare, ci possa interagire in modo più semplice tolga quella dimensione.. FF: Beh, ti potrei dire questo, che ogni artista vive nella propria epoca. Magari in un'epoca come quella dei Rolling Stones, anni Sessanta-Settanta, dove bene o male l'artista era anche un po' protetto e quindi aveva manager, agenzie..era un po' protetto dalla situazione..gli anni di adesso sono anni in cui queste barriere non esistono più e quindi ognuno fa musica nel periodo in cui vive, persino un personaggio riservato in Italia per antonomasia come De Gregori, per esempio, ogni tanto va su internet e risponde direttamente e personalmente..magari si annoia anche lui..cioè, è perfettamente inutile in un'epoca dominata da internet fare il misterioso perché.. RR: Saresti un po' anacronistico? FF: ..non ha senso, devi giocare alla pari con il mercato perché bene o male la musica, dei dischi li vuoi vendere, se fai dei concerti vuoi che la gente venga a vederti.. RR: E' inutile che ti vai a nascondere... FF: Si, siamo nella fase della comunicazione globale, quindi bene o male devi scendere anche un po' a compromessi, devi essere figlio della tua epoca, poi io su internet mi diverto anche.. RR: Partendo da quella che era stata la situazione di Firenze degli anni Ottanta, c'era una scena di colpo era uscita fuori, nei decenni prima forse non c'era stato molto.. FF: ..no..come tutte le città... RR: ..ma non c'era una grossa scena, tu ogni tanto parlando di scene di oggi nomini Lecce ma secondo te come era stato possibile che a Firenze si creasse una scena uscita fuori dal nulla, uscita fuori nel giro di un paio di anni.. sono usciti fuori diversi gruppi anche se prima non c'era stato niente a livello cittadino..secondo te come era stato possibile l'affermazione di un fenomeno di questo tipo, che però è stato caratterizzante, non è stata una scena effimera.. FF: C'è da considerare questo bene o male, innanzitutto che la musica rock non è un prodotto italiano, non nasce in Italia.. RR: ..è molto importato.. FF: ..ma comunque guardi sempre all'estero, Inghilterra e America grossomodo..allora, prima della scena fiorentina c'era la scena bolognese, primissimi anni Ottanta, Gaznevada, Confusional Quartet, roba così, che si faceva molto alla scena della No Wave newyorkese, americana ed era bene o male la scena in cui i gruppi erano i più bravi ad ispirarsi a quella scena. Dopo è venuta fuori la New Wave, il post-punk, Joy Division e il caso ha voluto che i gruppi fiorentini, Litfiba, Diaframma, Neon, Punkow, erano quelli più bravi a ispirarsi a quel genere. Ognuno ha messo qualcosa di sè di originale..noi con "Siberia" ci rifacevamo apertamente a certi suoni molto anglosassoni, Joy Division, la New Wave in generale, poi avevamo una personalità nostra che è stata riconosciuta.. quindi diciamo che una serie di casi.. poi a Firenze c'erano dei buoni locali, c'erano dei bravi manager, delle buone etichette discografiche e degli ottimi negozi di dischi e quindi un po' di caso, un po' di fortuna, un po' di buoni gruppi.. metti tutto insieme e quindi è venuta fuori la scena fiorentina, che è durata un po' di anni... RR: ..beh, si, è durata quei sette-otto anni... FF: ..Sette-otto? Tre-quattro, cinque..a livello di carica propulsiva tre-quattro.. RR: Di solito con i vari ex membri del gruppo in che rapporti rimani? Leggendo ad esempio "Brindando coi Demoni" c'è Gianni Cicchi (il batterista originale) che è una figura che ogni tanto nomini, anche con Miro (Sassolini, secondo cantante del gruppo)mi pare che bene o male siete rimasti in buoni rapporti.. FF: Il discorso è questo: alla fine ognuno è andato per la sua strada...in realtà i rapporti non esistono più, nel senso che io ora penso al mio presente, il fatto che il gruppo me lo gestisco da me ormai da ventitre anni, ho dei musicisti con i quali mi trovo molto bene.. quindi ti dico, non guardo troppo al passato in questo senso, perché ormai a me le cose sono andate bene, io son contento di me, mi basto, non ho rapporti continuativi con gli altri..e poi anche le cose che fa Miro adesso sono molto diverse, le sento molto lontane da me, son cose molto molto lontane.. in questo lo ammiro, il fatto di aver avuto il coraggio.. RR:..di aver voluto far qualcosa di diverso?... FF: ..si, di essersi staccato.. RR: Che differenza trovi tra lo scrivere un libro e lo scrivere una canzone? FF: Un libro e una canzone? Beh, una differenza enorme, al limite il parallelo sarebbe tra lo scrivere una poesia e una canzone, un libro ti porta via almeno quattro mesi di tempo, riscorri tutto te stesso e poi lo scrivi una volta nella vita, un libro..si spera...una canzone è un'esperienza da ripetere, spero ancora a lungo..però la mia arte, tra virgolette, quello che io penso di saper fare è la musica, è la cosaa che mi interessa di più, scrivere buoni testi e buone canzoni.. RR: Hai mai pensato di scrivere anche qualcosa di più "pesante" a livello di libro, non solo un libro di poesie, ma un romanzo, un racconto breve?.. FF: No, ognuno deve fare quel che sa fare, io non lo so fare questo, mi piace leggere quelli degli altri.. RR: Una mia curiosità: per le copertine dei dischi, do per scontato che sei tu che le scegli.. FF: ..bene o male si..non so mai cosa metterci in copertina, alla fine all'ultimo momento decido un quadro, una foto..tipo, a Lorenzo, il batterista, che fa il grafico.."Lorenzo, guarda te quello che puoi sistemare un po'".. RR: Ad esempio, "Il ritorno dei desideri" e "Difficile da trovare"..le copertine volevano avere un qualche significato? FF: Si, "Il ritorno dei desideri" era l'idea del tir, che i grandi desideri li porta un camion.. RR: ..con scritto "infiammabile".. FF: ..con scritto "infiammabile", bravo, e poi i colori d'azzurro erano molto belli.."Difficile da trovare", mi piacevano molto le copertine di una etichetta che si chiamava SST, americana, degli anni Novanta, che aveva delle copertine indie rock, molto spartane, molto povere, però a me piaceva... RR: ..e tra l'altro avevo notato che c'erano (sulla copertina di "Difficile da trovare") riferimenti a delle tue passioni, che sono i Ramones e Moravia.. FF: ..perché no, c'era anche quello.. RR: Artisticamente i tuoi momenti migliori quali pensi che siano stati? FF: Sicuramente "Siberia", anni Ottanta, direi '84.. RR: ..in periodi facili della tua vita o relativamente difficili? FF: ..mah, periodi facili, forse più facile mi verrebbe da dire che è questo, comunque le cose vanno molto bene, sto scrivendo un po' di canzoni nuove, l'album nuovo sicuramente verrà fuori l'anno prossimo..il periodo di "Siberia" è stato un bel periodo, ci siamo divertiti tanto..poi anche "Anni Luce", perché molti se ne ricordano, nel '92, inizio Novanta e anche adesso mi trovo abbastanza bene, non è male, passabile... RR: Di solito come nasce una tua canzone? Scrivi prima il testo e poi aggiungi la musica, fai le due cose separatamente e vedi come unirle... FF: Diciamo che è un po' di tempo che parte con un semplice o non semplicissimo giro di chitarra a cui viene spontaneo cantarci qualcosa, magari in finto inglese, oppure una singola frase in italiano, che però mi sembra forte.. RR: Un inglese da sala prove... FF: Si, oppure una frase in italiano che mi piace. A quel punto da questa frase ci costruisco il testo. C'è un prima, un dopo e un durante. C'è un riff di chitarra che mi piace, una frase o una strofa che mi sembra forte e da lì poi viene anche il testo.
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