Diamanda Galàs ha rivoluzionato la nozione di canto integrandone il senso corrente, classico, con tecniche vocali che si richiamano alle più disparate esperienze umane.
La Galàs ha restituito al canto ogni organo della fonazione il quale contribuisce nella misura voluta con metodi sorvegliatissimi al risultato canoro. Entrano nella definizione di canto non solo i suoni temperati, le note prodotte dalla cantante, ma ogni suono ogni fono proveniente dal corpo umano. Assimila al canto anche le alterazione psichiche e le loro manifestazioni linguistiche in una sorta di psicolalia dai risultati sconvolgenti frutto della frequentazione della Galàs di istituti di igiene mentale durante la sua permanenza al Living Theatre.
Balbettii, nitriti, urla ossessive e quant'altro forma il canto della Galàs ascrivendo il suo percorso alle grandi coordinate artistiche che indagano il rapporto tra espressione linguistica e realtà come il Joyce di Finnegan con il suo caos grammaticale o le sperimentazioni di Zanzotto sulle lingue borderline, dal petèl dei bimbi ai furori dei malati mentali. Galàs va oltre innestando sul suo corpo gli strumenti tecnologici più vari, espandendo il proprio corpo e il proprio canto con l'uso di congegni elettronici, aggeggi moderni per modificare la voce farla durare oltre l'umano fondando una vocalità nuova adatta all'era della tecnica. Come il cinema "biologico" di Cronenberg la vicenda della Galàs è anche un tentativo disperato di non alienare la propria dimensione umana nell'evo moderno. La prima lunga composizione del disco Wild Women With Steak-Knives esemplifica un po' tutte le tecniche utilizzate dalla Galàs; le sue origine greche fanno pensare anche ad una sorta di rituale dionisiaco: una menade ebbra epilettica orgiastica a contatto col dio, lacerata, nell'atto quasi di decapitare Orfeo, l'apollineo, una realtà fittizia smascherata dalla follia. Inutile giudicare il canto, ci si deve soltanto lasciarsi smembrare.
L'altro brano è il capolavoro elettronico della Galàs e una discesa nella psiche umana mediante i versi struggenti di Baudelaire. La voce è torturata e il paesaggio è desolato, percorso da brividi galvanici, la forma della litania, ripetitiva, è un rituale per sondare la dimora oscura dell'uomo, strappare all'occulto le regioni nere dell'anima. Le contorsioni sembrano calmarsi nella bellissima preghiera a Satana per riprendere più violente di prima.
Il risultato è un disco eccezionale, commovente, emozionante, plutonico anche, se leggerete le Litanie di Satana, consolatorio ma attenzione: a cullarvi sarà la mano del Signore delle Mosche ahahahahahahahah ;).
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