La Serpenta non ha bisogno di presentazioni credo, ma per coloro che non la conoscessero, ecco qualche nota: greca trapiantata in America, la Galás (classe 1955) è un'artista eclettica e ostica, che ha spaziato tra il blues, il gospel, l'opera, il jazz, il rock (nel 1994 realizza un album in collaborazione con il bassista dei Led Zeppelin, John Paul Jones), lo sperimentalismo musicale e l'avanguardia vocale più malata e annichilente. È quest'ultima e "oscura" branca che più ha contraddistinto la Galás, la quale utilizza la propria voce come un vero e proprio strumento, scovandone i più reconditi suoni, i più inimmaginabili, arrivando ad ottenere uno spettro di espressioni vocali amplissimo (e sconcertante aggiungerei). Nei suoi lavori ha sempre unito attività artistica e impegno sociale, affrontando temi come la pazzia, la morte, la malattia (il fratello è morto di AIDS), la guerra. Sintomatico il fatto che la sua carriera sia iniziata con performance nei manicomi...

Questo album, datato 1993, risulta una destrutturazione della lingua, presenta repentini cambi di registro e stile quasi riconducibili a un individuo affetto da personalità multiple, è un grande monologo di una pazza che parla animatamente al muro che ha davanti; 8 composizioni prive di titolo, 8 passi verso l'abisso della follia.

Il manifesto di tutto ciò è la traccia 1. «I wake up - and I see -  the face - of the Devil. And I ask you: what time is it? What time is it? Whaaat tiiiime iiiis iiiiiiit...» Lo spettacolo della follia abbia inizio! Associazioni di idee inconcepibili, degradazione vocale e linguistica ("How do you feel today?" - "I think I'm feeling better...better...bea...bea...bea..."), suoni che fanno accapponare la pelle al pensiero che escono da una bocca umana. Urla disumane si alternano a parti di solo parlato/recitato, a vocalizzi operistici e gorgheggi di varia natura. Frasi vengono ripetute con velocità crescente fino a degradare la propria forma fonetica e sconfinare in un'assurda "nuova lingua". La traccia 1, con i suoi poco meno di 13 minuti, presenta il ventaglio principale, il "catalogo" primario di ciò che si trova in "Vena Cava". Le tracce successive seguono questo schema, con lunghezze variabili - andando da 1 minuto e mezzo a 14 - apportando nuove tecniche ed espressioni.

La traccia 2 ad esempio si apre con una splendida performance operistica, che testimonia la grande capacità vocale della Galás. E se l'inizio della traccia è dei più "alti", ecco che la fine ci porta negli abissi infernali, regalandoci una serie di growl davvero notevoli. Basterebbe questo accostamento dicotomico per capire l'ecletticità vocale di questa artista.

Nella traccia 3 possiamo trovare un tratto in stile gospel, "sporcato" da un tocco operistico, per finire con una cantata "da ubriacona" (sentire per credere) con protagonista la birra e che sfocia in vocalizzi stupefacenti. Tenete sempre a mente che il tutto è costantemente alternato a parti parlate/recitate, con uno stile distintivo della Galás.

Performance di velocità di declamazione nel mezzo della traccia 4, dove assistiamo ad una Diamanda che inizia a sparare codice binario per poi dare i numeri (letteralmente), sempre più velocemente fino a creare una dimensione a-temporale nella nostra mente.

«678 678 678 678 BINGO! 678 678 678 AND BINGO AND BINGO AND BINGO!». Altri numeri e declamazioni al limite del folle nella traccia 5, moltiplicazione ed eco della voce nella traccia 6 (che vi fa pensare deliziati "Questa è proprio pazza!"), tracce 7 e 8 quasi completamente recitate e il finale dell'album con una manipolazione sonora di "Silent Night" (unica testimonianza strumentale di facile percezione, dal momento che in tutto l'album il padrone indiscusso è la voce diabolica della Galás, sempre in primissimo piano, mentre lo sfondo lievemente strumentale ed effettistico è praticamente impercettibile e si riesce a scovarlo solamente con un attento ascolto in cuffia).

L'album risulta uno dei più folli e disturbanti della discografia della Serpenta, a mio parere secondo solo a "Schrei X" (1996), forse il più pazzoide (anche se è doveroso menzionare il primo "The Litanies Of Satan" del 1982 - con la sua micidiale "Wild Women With Steak Knives" - e il disco omonimo del 1984). Questo lavoro esula da una mia valutazione numerica, l'ascoltarlo (rigorosamente in cuffia, di notte) è sempre un'esperienza strana, alienante; mi astengo dal dare una valutazione. Forse il suo valore sta proprio nel sapersi divincolare da un inquadramento razionale per farci sgranare gli occhi ogni volta, prendendoci sonoramente a sberle con le sue pazze evoluzioni vocali.

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