(recensione in onore del prode Bassist che questa sera sarà al vederli insieme agli Hypocrisy)
Parere oggettivo: Un disco discreto
Parere soggettivo: Che schifo!!!
Sembra che Silenoz e Shagrath si siano dimenticati di avere composto capolavori assoluti come Stormblåst e Enthrone Darkness Triumphant e dopo l'abbandono da parte del tastierista Stien, ovvero da Spiritual Black Dimension in poi, i Dimmu, a mio parere, non ne hanno azzeccata una.
L'avvicinarsi a sonorità tipicamente thrash mantenute sempre sospese su una solida base black ha fatto perdere ai sei norvegesi quella sorta di feeling goticheggiante che secondo me ha fatto la loro fortuna. Non è neanche giusto parlare di svendita ad un mercato più ampio di quello che avevano ai tempi di Stormblåst o E.D.T. perché le nuove composizioni hanno una violenza incredibile e presentano solo in pochissimi casi quella melodia decadente e trasognata che invece li aveva avvicinati ad un pubblico molto vasto.
Forse il duo norvegese alla base di questa vera istituzione del black sinfonico pensa di fare felici i propri fans, pensa di gettare in questo modo le basi per nuovi generi, di aprire il mondo elitario del black metal a nuove sonorità, cosa tra l'altro già avvenuta per le contaminazioni industrial di molti gruppi, The Kovenant su tutti, ma non sta facendo nulla di tutto ciò. Si limita a vivacchiare sul successo ottenuto con Enthrone Darkness Triumphant perdendo di volta in volta le proprie peculiarità diventando una mera copia di se stesso.
Il fatto che poi in questo ultimo Death Cult Armageddon (ancora un titolo "trino") siano state recuperate in minima parte quelle influenze sinfoniche, anche grazie all'utilizzo di una vera e propria orchestra per le registrazioni (vedasi l'intro da brividi di Eradication Instincts Defined) fa acquistare a questo cd almeno un punto sulla valutazione finale, oltre anche allo splendido falsetto del bassista Simen Hestæs già nei Borknagar.
Certo abbiamo canzoni più headbangose come Vredesbyrd mentre in altre abbiamo un impiego di controtempi e tempi dispari tale da potere appiccicare anche la definizione progressive a questo cd, oltre a quella di Crossover, nel senso di andare oltre ai confini dei generi e fonderli in unica creatura, violenta e allo stesso tempo maestosa per gli arrangiamenti orchestrali ma assolutamente senza mordente... sembrano quasi i Dream Theatre.
Un disco che più che voler appassionare l'ascoltatore, trasportarlo altrove, come solo Stormblåst riusciva a fare, punta sull'impressionarlo per tecnica e genialità compositiva, entrambi fini a se stesse.
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