Il tempo è galantuomo, questo deve aver pensato nell'ultimo lustro J Mascis. La trionfale reunion dei Dinosaur Jr in formato originale, tra svariati tour e i felici LP "Beyond" e "Farm" di un paio di anni fa, ha riconsegnato il lungocrinito uomo del Massachussets al suo ruolo di icona dell'alternative-rock: persino la bibbia degli indie-kid più modaioli e stereotipati "pitchforkpuntoqualchecosa" ne ha tessuto le lodi. E pensare che appena più che un decennio fa i dinosauri, ormai ridotti a una one man band, si erano estinti nell'indifferenza generale dopo questo ultimo album, accolto nel 1997 come una reliquia giurassica, mentre l'odiato Lou Barlow era il cocco della stampa con i Sebadoh e scalava le classifiche coi Folk Implosion.
Riascoltato oggi, "Hand it over" si conferma opera estremamente ambiziosa benché non certo ispirata come nei giorni migliori. Una sorta di kolossal slacker, teso ad ampliare la formula "melodia strascicata e affogata in un mare di feedback" che aveva reso celebre Mascis. Ciò anche grazie alla collaborazione con quell'altra testa matta di Kevin Shields, come se l'autore di "Loveless" volesse omaggiare l'influenza avuta dal Giovane Dinosauro sui suoi My Bloody Valentine, e dunque su buona fetta della scena shoegaze. Il celebre desaparecido del rock inglese in una manciata di episodi contribuisce a rendere ancora più denso e stratificato il classico wall of sound masciano, anche se l'incisività di un tempo solo a sprazzi viene agguantata. Si registra poi l'inserimento di trombe, flauti, banjo: altre soluzioni che provano a vivacizzare un canovaccio decisamente usurato, come nelle bucoliche "I'm insane" , "Never bought it" o "Getting rough" , con quella voce letargica che riporta le visioni del Neil Young più sereno in direzione Nashville. Chi di Mascis appezza in particolare le vampate chitarristiche troverà pane per i suoi denti in "Loaded" , nella sferragliante "Can't we move this" e nelle disincantate "Mick", " I know yer insane" o "I don't know".
Da inserire nel nostro best of della band sono gli otto minuti di "Alone", fin dal titolo un manifesto programmatico per il suo autore: una claudicante passeggiata sulle orme dell'uomo dell'Ontario in una palude mefitica e stagnante, come se "Cortez the killer" fosse stata suonata nelle sessioni di "Tonight's the night". E la ballata soul "Sure not over you", solcata da un pianoforte saltellante prima di schiantarsi tra lamiere metalliche.
Album inevitabilmente da completisti, ma se per voi l'indolente J sarà per sempre il compagno di banco perduto delle elementari, anche "Hand it over è da custodire in bacheca.
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